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The Avalanches
Wildflower
2016
Modular Recordings
di Alice Prandin
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Eccoci dentro allo studio di un pittore maldestro: pennelli per terra, macchie di colore ovunque, tavolozze rovesciate e una tappezzeria caotica e bizzarra. Ecco l’immagine che mi ha suscitato il primo ascolto ad occhi chiusi del nuovo album dei The Avalanches e che penso lo rispecchi fedelmente. ”Wildflower”, il secondo lavoro della band australiana, non si discosta molto dal primo originale disco ed è percorso da un disordine di suoni che legano tra loro le varie tracce, formando una colonna sonora della quotidianità: cigolii di giradischi, sportelli che si chiudono, clacson e voci di passanti (If I Was a Folkstar). Da luoghi e suoni chiusi si passa a spazi aperti e sembra di camminare in mezzo ad un traffico di rumori giornalieri. Anche le strofe cantate sono storpiate, accelerate o frammentate da effetti acustici e vibrazioni inaspettate: Colours, per esempio, è sporcata dal rumore del girare di una audiocassetta. In The Noisy Eater assistiamo ad un continuo cambio di canali televisivi, fino a sboccare in voci bianche, facendo un tour tra rap e viole. “Wildflower” è, insomma, un album che oserei definire divertente, spensierato e senza tante pretese musicali. Ha la peculiarità di muovere l’ascoltatore attraverso lo spazio e di guidarlo in contesti diversi con una facilità e una docilità a tratti sorprendenti.
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29/08/2016 -
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