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John Wesley
A Way You’ll Never Be
2016
Inside Out
di Giuseppe Celano
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Un nome, una mezza garanzia in questo mondo di progressisti wannabe. John Wesley si ritaglia uno spazio di tutto rispetto con il suo nuovo lavoro A Way You’ll Never Be, affidato all’opener By The Light Of A Sun fatta di ritmica sincopata, nervosa ma allentata dalla vellutata e forte voce del chitarrista e da una serie di assoli al wah-wah che formano il suo biglietto da visita. I pattern della title-track si lasciano cullare dalle armonie contrappuntate dal basso penetrante e oscuro in salsa paratooliana. È un album fresco e dalla produzione scintillante, molto godibile per i passaggi progressive che non annoiano evitando di suonarsi addosso.
Già al lavoro con personaggi come Marillion, Porcupine Tree e Fish, Wesley sa come muoversi nei meandri ellittici del Prog senza cadere nelle trappole ormai note e a quelle un po’ più subdole che il genere nasconde da sempre. Songwriting pulito e svisate hard rock muscolare si danno un’eterna caccia che non mette sul podio nessun vincitore. Sembra di assistere un derby in cui nessuno dei due elementi si sbilancia troppo portando a casa un pareggio. Non che questo sia un problema, è tutto un gioco di equilibri, abbastanza stabili. Produzione davvero inattaccabile, molte aperture melodiche che si presteranno alla veloce risalita dalle profondità delle classifiche fino ai piani alti colà dove si puote tutto. Pezzi lunghi quanto basta per dar ossigeno ai ghirigori elettrici che ammiccano con classe ai Rush. Non stiamo parlando di un capolavoro sia chiaro, il tutto è ben suonato, missato egregiamente e sebbene il songwriting sia inevitabilmente derivativo, il risultato non è lo è affatto inserendo così il disco fra quelli da sentire più volte senza che il fantasma della noia affiori facilmente. John Wesley, Mark Prator (drums) Sean Malone (bass) formano un power trio notevole che sta ancora lavorando nel tentativo di infilare quello che manca per produrre un disco capolavoro che non è ancora arrivato ma che potrebbe bussare già domani stesso alla vostra porta.
Nada è una take misteriosa, ammantata da una fitta coltre psichedelica con le pelli scatenate che anticipano l’arrivo di Unsafe Space, ballad sognante fatta di moaning guitar, bending e abbellimenti in minore sospinti dalla batteria che poi si accosta pericolosamente alle melodie dei Soen. In chiusura Pointless Endeavour, strumentale, lambisce territori floydiani andando a sigillare un buon lavoro che mantiene le promesse senza deludere le aspettative dei fan.
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14/11/2016 -
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