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Ripudiata programmaticamente l’idea di orecchiabilità col primo album 'God’s Balls' (1989) e l’Ep 'Salt Lick' (1990), all’inizio degli anni Novanta i Tad potevano vantare in curriculum un tour europeo con Nirvana e Mudhoney, due tournée in giro per gli USA, ed esperienze in studio di registrazione con Jack Endino e Steve Albini. Il loro singolo Jinx era stato inserito nella colonna sonora del film sulla scena di Seattle 'Singles – L’amore è un gioco'; insomma, la Sub Pop, l’etichetta discografica, nutriva grandi aspettative nei confronti della band.
Per realizzare il successivo '8-Way Santa', il frontman Tad Doyle e compagni si concessero il lusso, per i loro standard, di ben otto giorni a disposizione (cinque dedicati alle incisioni e tre al missaggio). Fondamentale l’apporto di Butch Vig, leggiamo dal booklet, per il lavoro sulla voce e sulle sonorità dell’album. Il destino cospirò contro '8-Way Santa' fin dall’arrivo sugli scaffali: in copertina compariva una ragazza “hippie” il cui seno veniva palpeggiato da un uomo (nella ristampa non c’è traccia della foto, che era stata acquistata in un mercatino); la donna querelò il complesso e costrinse la Sub Pop a ritirare il disco dai negozi. I Tad si ritrovarono così a promuovere un Lp divenuto irreperibile, a scapito del successo che quelle canzoni avrebbero potuto ottenere in un momento in cui il sound grezzo del cosiddetto “grunge” era diventato la nuova gallina dalle uova d’oro.
Ripubblicato con una copertina diversa, '8-Way Santa' incuteva abbastanza timore fin dall’immagine lì riportata: l’imponente cantante chitarrista indossa una T-shirt con il volto del serial killer Ed Gein, circondato dagli altri tre musicisti, dall’aria non proprio raccomandabile.
Il contenuto? Un monolite che inquietava ed entusiasmava all’epoca dell’uscita, e che a venticinque di distanza non ha perso smalto. Un’atmosfera cupa e malsana pervade le storie di desolazione allucinata (la maglietta che raffigura Ed Gein lo preannunciava) messe in musica dal gruppo; il suono compatto e martellante, un veicolo per i deliri di una mente “narrante” in continuo stato di alterazione provocato da droga e alcol. Da manuale i cambi di tempo, le “chitarre sega elettrica” e le dissonanze di Giant Killer: i Black Sabbath brutalizzati e aggiornati agli anni Novanta, con quel parossismo della voce che farà drizzare le orecchie a chi conosce bene 'Bleach' dei Nirvana. Altro tratto caratteristico di quel periodo, il ronzio delle sei corde sature di fuzz, marchio di fabbrica dei Mudhoney: in '8-Way Santa' è assai efficace soprattutto in Trash Truck e 3-D Witch Hunta. Quest’ultima, splendida, rappresenta un punto di svolta per i Tad, che per la prima volta si aprono alla melodia e lasciano intravedere per un momento il proprio potenziale “pop”; evidente l’abbandono del loro radicalismo anche nella conclusiva Plague Years e nel ritornello memorabile di Flame Tavern. La ristampa è arricchita, come al solito, da diverse bonus track, tra brani usciti su singoli ed EP e demo inediti registrati con Jack Endino, dal suono “slabbrato” e meno corposo rispetto a quello ottenuto con la produzione di Butch Vig. Curioso il fatto che il titolo originale del pezzo Jack Pepsi in questa versione celebrativa del disco sia diventato Jack: facile pensare ad altre beghe legali in cui si sarà cacciata la band a suo tempo, ma a questo le esaustive liner notes non fanno cenno. Un recupero essenziale, forse il vertice della carriera dei Tad.
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