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Syd Arthur
Apricity
2016
Harvest
di Fabrizio Biffi
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Esiste ancora il Canterbury Sound. E gli interpreti contemporanei di quella scuola musicale favolosa che ha avuto quali interpreti di spicco formazioni come Soft Machine, Caravan, Gong, Henry Cow, adesso si chiamano Syd Arthur.
Nati nel 2003, i Syd Arthur hanno sfornato il loro disco di esordio solo nel 2006, centellinando le loro uscite e pubblicando il secondo album “On And On” sei anni dopo la prima uscita, segno di una notevole parsimonia e cura compositiva, al contrario di quella che potrebbe essere considerata una scarsa vena creativa.
“Apricity” è il quinto album della band di Canterbury e, se ce ne fosse bisogno, arriva solo a consacrare una delle realtà più convincenti di un indie progressive fresco ed innovativo. Rispetto alle esperienze discografiche precedenti si assapora un suono più orientato alla nuova musica americana, per citare un caso assimilabile i Tame Impala.
Tra le tracce che si susseguono agilmente lungo “Apricity”, spiccano le atmosfere rarefatte di “Coal Mine” e il pop psichedelico di “No Peace”, ma sfido chiunque a trovare una pecca nel tessuto sonoro di questa piccola gemma.
Raffinati, imprevedibili e bravi ad eseguire quella che è la loro idea musicale, i Syd Arthur esploderanno nei prossimi mesi come la “cosa nuova” che vive sottotraccia, seguendo per analogia il felice destino dei The War on Drugs. Segnale inequivocabile la scelta di Paul Weller e di Noel Gallagher di affiancarsi al gruppo per una versione alternative di “No Peace”. Una benedizione “pesante” che funzionerà come una sacra consacrazione al banchetto dei predestinati.
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06/02/2017 -
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