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Strand Of Oakes
Hard Love
2017
Dead Oceans Records / Goodfellas
di Giuseppe Celano
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Timothy Showalter è un cantautore e produttore dell’Indiana, ora residente a Philadelphia, e per i suoi dischi ha scelto il moniker Strand of Oaks.
Hard Love è uscito 17 febbraio 2017, via Dead Oceans. Il precedente lavoro, Heal, era stato concepito dopo il terribile incidente del Natale del 2013. Showalter e Sue erano di ritorno a Philadelphia, durante il percorso scivolano su una lastra di ghiaccio spezzando in due il furgone.
Il compositore si rompe tutte le costole del lato destro del corpo. Da questa esperienza, quasi fatale, nasce Heal con l’aiuto di John Congleton.
Il disco ha ricevuto una buona accoglienza, da parte della critica, ciò ha permesso a Timothy d’improntare un vasto tour di supporto aprendo per Jason Isbell, Iron and Wine e Ryan Adams.
Hard Love è il quinto disco in studio, anticipato dal singolo Radio Kids. Durante tutto l’album si percepisce una malinconia fatta di moaning guitar in bending e melodie appiccicose su cui si spalma la voce di Timothy.
Le ballad ricordano alcune cose dei Depeche Mode, sostenute dalle solite chitarre distorte. Per dirla con lui, alcune canzoni sono state concepite e poi costruite come monumenti, in pietra granitica, che rappresentano immagini capaci di fotografare la nostra limitata permanenza terrena.
Le tracce sono esperienze personali che vanno dal risveglio in acido durante il festival Boogie Australia (On The Hill), fino ai guai casalinghi della vita in coppia (Hard Love), passando per l’arresto cardiaco del fratello (Taking Acid and Talking With My Brother).
Dopo l’incidente, che ha cambiato in modo permanente il suo modo di vedere la vita, Showater accantona le prime sessioni del disco tirando in studio il produttore Nicolas Vernhes, un tipo pragmatico capace di cogliere gli aspetti nascosti nel modo più viscerale e diretto possibile, evitando l’avvitamento creato da troppi calcoli.
La meta dell’artista è quella di preservare, per quanto possibile, l’aspetto più immediato e sincero evocato dal processo di songwriting. E' un lavoro impulsivo che cita Radiohead (Cry) e Jane’s Addiction, fondendo buoni chorus e melodie al mastice che scorrono lentamente durante i quaranta minuti e concluso da sei minuti elettrici, carichi di feedback e overdrive.
Un buon ritorno che merita più di un ascolto
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06/04/2017 -
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