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Immaginate Raf che chiama Ghigo Renzulli e gli dice di mollare quello scatafascio di Pelù per tornare con lui a suonare nei Cafè Caracas. Ecco, non a Firenze ma a Milano è successa la stessa cosa, con Enrico Ruggeri che ha chiamato i vecchi compagni di ventura Silvio Capeccia e Fulvio Muzio per riformare i Decibel, la storica band con la quale esordì nel 1977.
Ma l'intenzione non era riproporre Contessa e gli altri brani storici dell'ensemble nato sui banchi del liceo Berchet, bensì rimettersi in gioco con un nuovo disco. 11 pezzi inediti e 2 grandi successi del gruppo riarrangiati e reincisi: la succitata hit e la title-track di Vivo Da Re, il secondo e ultimo album prima della dipartita di Ruggeri, ma anche quello che seguì alla loro partecipazione a Sanremo nel 1980 che fece incazzare i fan duri e puri della prima ora, i quali vi vedevano il tradimento delle origini punk. E sempre a Sanremo la band si era ritrovata nel 2010, quando l'ex leader si fece raggiungere sul palco dagli altri due nella serata dedicata agli ospiti per una breve rimpatriata sulle note di La Notte Delle Fate.
Qui però la sostanza è ben altra, perchè il trio si rimette alla prova - con l'ausilio di Paolo Zanetti alla chitarra, Lorenzo Poli al basso e Massimiliano Agati alla batteria - con materiale nuovo di zecca. Avevano detto che se non fosse stato all'altezza delle loro cose precedenti avrebbero buttato via tutto e non se ne sarebbe fatto niente. Ma in questi casi è come chiedere all'oste se il vino è buono. Tuttavia non hanno avuto torto nell'insistere: l'età si sente ma alla fine il risultato non è da buttare. E ritrovarli come li avevamo lasciati può anche essere piacevole e rassicurante quel tanto che a volte serve nel rock. Certo, tutto è filtrato alla luce dei quasi quarant'anni passati e della carriera solista di Ruggeri, ma le pacchianate sono ben altre, anche perchè Capeccia e Muzio il loro spazio se lo riprendono alla grande, da veri protagonisti sia con gli strumenti di pertinenza che ai soliti, immancabili cori.
E così, come da copione, a brani dal deciso afflato new-wave (My My Generation,Gli Anni Del Silenzio, Il Primo Livello) fanno da contraltare pezzi dall'irriverente incedere cabarettistico alla Jannacci (la title-track, Il Jackpot, Triste Storia Di Un Cantante), ballate pop in acustico (L'Ultima Donna), uptempo acidi (Universi Paralleli), divagazioni sulle orme degli chansonnier (Crudele Poesia) e schegge di pop impazzito come maionese rafferma (La Bella E La Bestia).
Insomma, è il classico disco della reunion, manierista per necessità, perché è l'unico appiglio. Ma non è un handicap, nè un'operazione-nostalgia. Per fare un paragone forse blasfemo, è il loro The Next Day. Poi magari gli farà seguito un Blackstar, ma - per carità - gli auguriamo che l'epitaffio se lo possano scrivere il più tardi possibile
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