|
BENVENUTO SU EXTRA! MUSIC MAGAZINE - La prima rivista musicale on line, articoli, recensioni, programmazione, musicale, eventi, rock, jazz, musica live
|
|
|
|
|
|
Elder
Reflections Of A Floating World
2017
Stickman
di Giuseppe Celano
|
|
Gli Elder sono un trio stoner proveniente da Boston (Massachusetts), i responsabili di questo suono granitico sono Nick DiSalvo (guitar, keyboard and vocals), Matt Couto (drums), Jack Donovan (bass guitar).
Per stabilire delle coordinate che costruiscano un grafico attendibile della loro musica, Nick DiSalvo ha affermato che i Colour Haze e Dungen sono le band che hanno avuto un’influenza importante sul songwriting della band. L’ottavo disco s’intitola Reflections Of A Floating World, fatto di sei tracce, di cui quattro oltre i dieci minuti.
Cosa suonano gli Elder in questo nuovo lavoro?
Quello che facevano prima ma con larghe svisate progressive e riff, negli intenti e nei fatti, vicini al suono di Adam Jones ma con l’aggiunta di quegli assoli fluidi e magmatici che i Tool non hanno mai prodotto. In questo campo gli Elder impartiscono lezioni da gran maestri con vaste aperture melodiche fissate alle asperità del sound pieno e rotondo ma non per questo liscio e privo di pericoli.
Arpeggi introducono climax diversi suggerendo l’arrivo della tempesta sonica, di cui sono capaci, a spazzare via il tutto di lì a poco (Sanctuary). Fondendo il sound di Electric Wizard, Sleep e Black Sabbath, i nostri producono un grande album senza momenti di magra, grazie a una seconda potente traccia intitolata The Falling Veil, dotata di gradi allunghi in progressione, sezioni psichedeliche e l’intervento delle chitarre risolutrici nella sezione centrale. Di Salvo arriva come un bolide, dapprima silenzioso, pronto poi per squarciare il brano in due con potenti colpi d’ascia.
Il canto stranamente richiama Mars Volta e Jane’s Addiction anche se in realtà sono mondi molto lontani fra loro. La spirale asfissiante di Sonntag gioca sulla spinta del basso pulsante e delle pelli ipnotiche su cui si spalmano effetti, prodotti da qualche aggeggio modulare, e chitarre affogate in acido. Un brano sciamanico, molto affascinate nella sua semplicità che sfrutta la somma lenta ma costante. Un’addizione continua che alla fine implode perdendo velocità ma non la potenza d’impatto. Meglio fa la conclusiva Thousand Hands, cattiva e diretta da subito, per una mutazione centrale rallentata e melodica in cui le chitarre pizzicano poche note e la batteria infila raffinati accenti obliqui.
Ascoltare per intero un disco del genere è un’operazione delicata e pesante. Le take sono lunghe e tortuose, dinamico è l’andamento necessario per attuare una rivoluzione interna che impone ascolti ripetuti. Individuare i punti cardine, sparsi nel tempo, non sarà una passeggiata, il suggerimento è di memorizzare i cambi ritmici che danno vita all’intera fisionomia del brano (Blind).
Un ottimo ritorno
|
|
//www.youtube.com/embed/j6yXdPhI3mQ" frameborder=
13/06/2017 -
©2002 - 2025 Extra! Music Magazine - Tutti i diritti riservati
|
|
|
|
|
©2002 - 2025 Extra! Music Magazine - Tutti i diritti riservati
|