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Valerian Swing
Nights
2017
To Lose La Track
di Giuseppe Celano
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Quarto disco e cambio radicale, l’uscita di Alan Ferioli a favore della chitarra baritona di Francesco Giovanetti ci fornisce un quadro diverso, fedele rappresentazione di quanto e come sono cambiati i Valerian Swing.
Nights è un disco sfigurato dall’elettronica ormai innestata in pianta stabile dentro le nuove composizioni in cui s’infila di forza la melodia precedente relegata in piccoli passaggi e scorci appena intravedibili. Oggi i Valerian Swing si lasciano ispirare da nuove soluzioni armoniche, il songwriting si apre verso un certo tipo di pop molto viscerale e che non ha niente a che vedere con quello l’indie alternative pop italiano.
Sin dalle prime note dell’opener A Leaf ci si ritrova nei meandri crimsoniani di Larks Tongue In Aspic Part I per arrivare velocemente a melodie inaspettate. Finora i nostri ci avevano abituati a sonore mazzate sui denti, sferrate senza fronzoli né orpelli.
Su Nights il suono è più pieno, meno letale ma sempre potente con crescendo in stile Mogwai. Cercano una via del tutto personale per aumentare la qualità del prodotto proposto ma soprattutto per fuggire dalla mediocre prevedibilità che infesta il mercato italiano. (Per loro) è l’unico modo per rimanere in piedi e sentirsi vivi.
I Valerian Swing, Stefano Villani, David Ferretti e Francesco Giovanetti, non amano sedersi facilmente sul passato e per farlo vomitano un sound maestoso e impegnativo che pretende un ascolto dedicato, scevro da qualunque distrazione. Two Steps è un essere mutante, lontano anni luce dalle precedenti composizioni, mantiene intrecci complessi ma invece di spingere sull’impatto stuzzica il lato emotivo colpendo con una serie di saliscendi ripidi e moto pericolosi.
Four Horses invece rimane più vicina al sound classico, cambi di tempo, ritmi obliqui e stop and go rallentano di botto diventando quasi impalpabili. Il risultato è un art rock dal sound moderno in cui infilano cavalcate ansiogene (Seven Cliffs) dai ritmi perversi, spingono a dovere anche nella successiva Six Feet creando un muro di suono arrotondato ma molto spesso.
Non ci stancheremo di esaltare le doti dell’uomo alle pelli che si fa carico di un lavoro mostruoso ma necessario, granitico quanto snello e fluido. Le riprese dell’album sono a cura di Raffele Marchetti, il missaggio al Red Room Recording di Seattle da Matt Bayles (Mastodon, Isis e Russian Circles). Un lavoro che lascia intatto il d.n.a. della band ma ne modifica i tratti somatici distintivi andando a parare su qualcosa d'imprevisto ()
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07/07/2017 -
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