|
The Underside of Power degli Algiers è un lavoro discografico di tutto rispetto. L'immaginazione che evoca è viscerale per contenuto musicale e, soprattutto, per i suoi testi cosi attuali e profetici. Un’onda sonora che costringe l’ascoltatore a dei saliscendi degni delle migliori montagne russe, incoraggiando le emozioni per lasciarti poi, alla fine del viaggio esausto.
Registrato in gran parte a Bristol e prodotto da Adrian Utley (Portishead) e Ali Grant, mixato da Randall Dunn (Sunn O), con post-produzione di Ben Greenberg (The Men, Hubble, Uniform), l'album esplora in maniera appassionata e senza compromessi generi quali southern rap, northern soul, gospel, IDM, industrial, grime . The Underside Of Power , segue l'acclamato debutto omonimo degli Algiers del 2015 e quindi non rappresenta un fulmine a ciel sereno ma conferma la capacità del gruppo di interpretare il presente toccando argomenti quali l’oppressione, le ingiustizie sociali e la brutalità della polizia, ma guardando a quel futuro distopico in cui si stagliano all’orizzonte nuove strutture egemoniche del potere.
I testi hanno più di una citazione e raccolgono provocatoriamente estratti di TS Eliot, dell'Antico Testamento trasposti su brani viscerali e pieni di soul, momenti meditativi e riflessioni personali.
L'impegno degli Algiers non è ideologico ma molto pragmatico. Già nel pezzo di apertura di Walk like a Panther, dall'estremo stile evangelico, si può intuire l’approccio dell’album che va oltre la semplice rivendicazione della vecchia cultura progressista. Cry Of The Martyrs è una rielaborazione quasi biblica della storia dell'emancipazione femminile. Il segreto di questo secondo disco degli Algiers è un continuo gioco di contrapposizione tra lo stile lo-fi e i ritmi post-punk in un’alternanza continua di stili musicali. La stessa title track starebbe alla perfezione in una delle migliori compilation della Motown 2.0.
A voler cercare il pelo nell’uovo, gli Algiers pagano un eccessivo tributo a due stelle polari, Depeche Mode e Portishead, soprattutto in March Death March mentre A Murmur, A Sign ricorda il minimalismo nero dei Suicide.
Cleveland è una specie di sermone dai toni profetici ed apocalittici con chiare allusioni alle guerre di religione degne del miglior romanzo di Salman Rushdie. I temi sottesi della violenza e della morte sono anche canalizzati nel brutale clarinetto della strumentale Bury Me Standing.
Insomma, gli Algiers, in questo momento musicale così eterogeneo, non sono un ascolto per palati dozzinali. Il loro secondo album, sebbene ancora oscilli da uno stile all’altro con disinvoltura ed incoscienza, è un episodio significativo destinato ad essere ricordato ben oltre la sua candidatura a miglior album del 2017
|