|
BENVENUTO SU EXTRA! MUSIC MAGAZINE - La prima rivista musicale on line, articoli, recensioni, programmazione, musicale, eventi, rock, jazz, musica live
|
|
|
|
|
|
Robert Plant
Carry Fire
2017
Nonesuch/Warner Bros.
di Giuseppe Celano
|
|
Che Robert Plant si sia allontanato dalla sua ingombrante ombra era chiaro da quasi trent’anni. Dopo lo scioglimento legato alla morte dell’amico e compagno di viaggi musicali Bonzo, Plant non se l’è più sentita di lambire alcuni territori per lui troppo dolorosi cercando sempre una strada alternativa che gli permettesse di sopravvivere al suo stesso mito e non lo annoiasse troppo durante i live in cui non è più stato costretto a fare il lungocrinito dio biondo ancheggiante e piacione.
La conferma definitiva del distacco è avvenuta dopo la famosa reunion della band in omaggio all’amico Ahmet Ertgun, con Jason Bonham alle pelli. Da quel dicembre del 2007 Robert Plant ha definitivamente messo una croce sul capitolo Led Zeppelin.
Oggi si presenta con un nuovo disco intitolato Carry Fire. Il fuoco vocale che da sempre lo spinge alla ricerca di nuovi percorsi, e che nonostante le vicende dolorose che hanno colpito la sua vita costellandola di dolori di diversa intensità (la morte del figlio a otto anni, l’incidente che costrinse su una sedia a rotelle e la progressiva perdita di potenza), è ancora vivo e incanalato in un disco carico di energia e voglia di esplorare diversi territori. Si va dal folk al blues, arricchito di atmosfere e ritmiche sudafricane (The May Queen) che già anni fa lo avevano affascinato e fatto innamorare del blues tribale sdoganato successivamente dai Tinariwen.
Non perde tempo Plant mirando subito al cuore dell’ascoltatore con la morbida ballad New World che, per produzione e scelta di alcune sonorità, ricorda da lontano When The World Was Young presa dall’ultima collaborazione con il suo odiato amico Jimmy Page (Walking Into Clarksdale, 1998). Sono ormai lontani, ma non dimenticati, i picchi vocali di questo vecchio leone, niente più vette forti di 4/8 ottave d’estensione. Il tempo non perdona nessuno, neanche i più rocciosi, Percy lo sa bene e ovviamente punta sulla classe. La sua voce si è arrochita dopo l’operazione alle corde diventando, se possibile, ancora più blues suadente e ammaliante di prima.
Robert sfoggia tracce influenzate dalla musica del mondo arrivando a esplorare le radici appalachiane, il blues più rurale e le intricate poliritmie della musica del Middle East e dell’India (Carry Fire). Il disco nasce dalla consolidata collaborazione con The Sensational Space Shifters, l’approccio più delicato e maturo suscita atmosfere riflessive (Heaven Sent) che non tagliano fuori piccole finestre in cui il nostro caro screamer spinge sulle corde vocali facendo vibrare quelli posti all’ascolto (Bluebirds Over the Mountain). Arrangiamenti raffinati si fondono a ottime linee vocali con Plant davvero molto ispirato nel suo canto vellutato (A Way With Word).
Carry Fire è il suo modo di ritornare, non accontentandosi di una minestra riscaldata, Plant scopre il fianco mostrando il risultato di un lungo percorso che l'ha portato ad un tipo di evoluzione che, forse, non tutti apprezzeranno ma che risulta vera e credibile. Quindi, astenersi hater e Vahallah I’m coming troppo attaccati all’inossidabile mito degli Zeppelin, quisi va per l’eterno dolore (amore), quello che troverete non sono di certo urla a gola rossa e picchi scorticanti ma un affascinante vocal moaning su più registri magistralmente diretto dall’impareggiabile, si fatevene una ragione, Robert “Percy” Plant
|
|
//www.youtube.com/embed/9OPKSZyRPFQ
20/10/2017 -
©2002 - 2025 Extra! Music Magazine - Tutti i diritti riservati
|
|
|
|
|
©2002 - 2025 Extra! Music Magazine - Tutti i diritti riservati
|