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Stella Maris
Stella Maris
2017
La Tempesta
di Claudio Prandin
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Nella mitologia greca Paride era un principe troiano che combattè contro gli Achei nella guerra di Troia rivelandosi un arciere infallibile; la freccia che lo rese famoso in tutta l’Ellade fu quella che uccise Achille colpendolo nell’unico suo punto vulnerabile, il tallone.
Anche Umberto Maria Giardini ha la stessa capacità di fare sempre centro: i dischi che ha prodotto con lo pseudonimo Moltheni sono bellissimi, i dischi che ha prodotto con il suo nome anagrafico sono altrettanto belli, e anche l’esperienza strumentale con i Pineda si è rivelata di altissima qualità; e imperterrito, continua a centrare il bersaglio anche con questo nuovo progetto chiamato Stella Maris che lo vede accompagnato da una sorta di supergruppo italiano che comprende Gianluca Bartolo (Il Pan del Diavolo), Ugo Cappadonia e la sezione ritmica composta da Paolo Narduzzo e Emanuele Alosi.
Le dieci bellissime tracce di questo disco sono nate ripensando al pop e in parte alla new wave inglese degli anni ’80 ma mantengono un aspetto modernissimo e risultano tagliate su misura sul cantautore marchigiano. Infatti, anche in presenza di una band musicalmente molto preparata, le canzoni assomigliano al nostro Paride e appare chiaro che gli altri musicisti si sono messi semplicemente a disposizione, lasciando le luci della ribalta al vocalist; le linee vocali hanno infatti un gusto e un sound inconfondibile: la voce di Umberto Maria Giardini è quella di sempre, acidula, in apparenza stonata e caratterizzata da vocali elasticizzate ma sempre, sempre, sempre molto incisiva ed emozionante.
Rispetto ai dischi in solitaria, gli arrangiamenti virano maggiormente verso il rock con riff di chitarre anni ’80 e un drumming molto presente ma, ripeto, senza mai scavalcare la voce. Piango pietre presenta un riff quasi hard rock mantenuto per tutta la durata del brano; Tutti i tuoi cenni è sorretta da un arpeggio che la rende malinconica mentre Eleonora No ha un’andatura pop sofisticata ed elegante. In mezzo a canzoni di altissima qualità spicca una gemma, Coglierti nel fatto: il suo delizioso ritornello corona un brano molto potente.
I testi descrivono una quotidianità quasi banale, fatta di incomprensioni, di difficoltà nei rapporti personali, ma con un piglio così genuino che è impossibile non rispecchiarsi in queste fotografie quasi documentali:
Come fai a contraddirmi sempre e alla fine divertirti perché hai ragione?
Dimmi quante volte dovrò dirti che mi trascinerei via da qui
Tutto quello che mi dai, rotolando mi colpisce, una valanga che finisce a valle della piatta e beige vita mia
Un unico difetto però il disco ce l’ha: la copertina. E’ incomprensibilmente brutta ma se devo dire la verità è come lo strabismo di Venere, un difetto cioè che non intacca la bellezza dell’insieme.
Come un Robin Hood della canzone, Umberto Maria Giardini non sbaglia un colpo e quest’ultima avventura non fa altro che confermare il suo talento e rafforzare la sua credibilità.
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//www.youtube.com/watch?v=s0C1IodYGOo
17/11/2017 -
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