|
Max Kutner è un chitarrista e compositore originario di Las Vegas. Come musicista, l’interesse di Kutner si rivolge in modo particolare alla chitarra elettrica e in genere alle ambientazioni elettroniche. Come compositore, Kutner trasferisce in musica molti delle sue passioni, in particolare letteratura e architettura, all’interno di una performance musicale complessa e decisamente fuori dagli schemi. Kutner si è esibito in luoghi di culto come il CalArts and the Wulf di Los Angeles e in varie stazioni televisive di Santa Cruz, Seattle, Portland e San Diego.
Il suo debut album, Disaffection Finds Its Pure Form, dal titolo più che eloquente, è stato prodotto dalla Siber Records. All’interno del tour promozionale, troviamo dozzine di concerti con accompagnamento di cantanti e gruppi da camera così come parecchie importanti band attive nell’area di Los Angeles. I tour musicali di Kutner si aggirano per le zone più disparate del globo, dalla Bulgaria alla Macedonia, dal Messico al Brasile, dalla Spagna alla Nigeria, fino all’Irlanda e la Scozia. Dal 2015 l’artista ha creato una etichetta discografica che facesse da polo per tutte le etichette con base a Los Angeles, la Orenda Records.
Il sound di Kutner è un drone ambient sperimentale fortemente tendente all’introspezione, alla scoperta interiore. L’ambient è puro, è essenziale, in ognuna delle dieci tracce, ma possiede una carica di tormento e di tensione acuta, tanto è lenta e regolare, tanto non dà scampo nella sua matrice profondamente dark. Tetro e cupo, quasi da brivido, questo album lo vediamo bene come colonna sonora di una tragedia imponente e devastante. L’incalzare degli strumenti è drammatico, è una pioggia acida che brucia la pelle. Comprendiamo alla perfezione l’abnegazione di Kutner per la chitarra elettrica, uno strumento capace da solo di creare atmosfere che siano drone ambient ma ferocemente glaciali al tempo stesso.
Riconosciamo in questo primo lavoro l’amore di Kutner per la letteratura e l’architettura, perché nella costruzione dei pezzi e nella loro sequenzialità possiamo notare un tocco da vero maestro nella struttura di questo castello medievale a la Allan Poe, dove troviamo armature terrificanti, mobili coperti di polvere e statue nascoste da lenzuoli bianchi, che non abbiamo la minima intenzione di scoprire. L’album ci trascina, di brano in brano, in questa visione terribile, desertica e agghiacciante, ma lo fa con uno stile ed una compostezza ed eleganza davvero rari. L’ultimo brano ci uccide di disperazione, ma una disperazione ammaliante nella sua perfezione
|