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Lost Horizons
Ojalà
2017
Bella Union
di Valerio Di Marco
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C'è un pò di tutto in questo esordio del progetto a guida Simon Raymonde (ve li ricordate i Cocteau Twins?) e Richie Thomas(Dif Juz). Eterogeneità confermata dalla lunga lista di vocalist - in prevalenza donne - chiamati a raduno per dare fiato ai quindici brani del lotto: Karen Peris, Beth Cannon, Tim Smith, Ghostpoet, Hilang Child, Cameron Neal, Sharon Van Etten, Marissa Nadler, Leila Moss...
Eterogeneità e lunghezza. Ecco, forse sono proprio queste due caratteristiche a rappresentare croce e delizia di un lavoro che non sarebbe neanche male, se appunto non pretendesse di coprire tutto lo spettro dello scibile musicale e non si prendesse quasi 70 minuti (un'eternità in rapporto agli odierni standard) per compiere il giro.
Che poi più di un episodio degno di nota lo s'incontra, in questa escursione nel naturistico regno degli 'orizzonti perduti'. Le atmosfere dreamy della casa madre di Raymonde si spingono in territori quasi new-age/chill-out (Amber Sky, Asphyxia), con escursioni addirittura nel canto religioso (Frenzy Fear) e nel folk (She Led Me Away), ma in alcuni momenti tornano ad addensarsi tramite riaggregazione molecolare che genera brani pop praticamente perfetti (l'iniziale Bones, la bellissima Reckless). Le sorprese però non finiscono: ci sono anche Bowie (The Tide), i Broken Social Scene (Life Inside A Paradox) e sprazzi di esoterismo alla Dead Can Dance (Score The Sky).
Insomma, non sarà il disco dell'anno ma l'ascolto potremmo definirlo enciclopedico. Se poi non ce la fate a finirlo in una volta ascoltatelo a puntate, chè tanto il filo del discorso non lo perderete, essendo assente.
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20/02/2018 -
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