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Quit the Curse è l’album uscito agli inizi di febbraio per Polyvinyl Records (per Heavenly nel Regno Unito), che segna l’esordio di Anna Burch, giovane cantautrice americana già paragonata a Courtney Barnett e Waxahatchee. Nonostante questo sia il suo primo album, Anna non è una novellina, ha consolidato il suo talento suonando con Frontier Ruckus e Failed Flowers, di cui si percepisce l’influenza nell’album.
Ascoltare Quit the Curse è come sfogliare un album fotografico in cui Anna presenta i suoi sentimenti e momenti emotivi degni di nota in precise istantanee, un viaggio (sonoro) nel tempo che passa dagli anni 50 ai 90 con grande naturalezza, ricco di brani indie-pop, folk-rock e alt-country, dove viene sezionato l'amore in tutte le sue forme in modo piuttosto ironico. Ognuna delle nove tracce del disco è contrassegnata da cambi di accordi di chitarra complessi, a tratti sfocati, ed è caratterizzata da armonie dal sapore dolceamaro, come in 2 Cool 2 Care che, nonostante la sognante melodia pop-50, afferma che solo chi soffre di una malattia mentale, può ancora desiderare di essere amato. Sarcasmo e ironia addolciti da un chewingum al gusto fragola.
Quit the Curse si affida alle melodie tanto care alla prima(issima) Gwen Stefani intrise in una sorta di melanconica psichedelia alla Alvvays, il tutto per amplificare i toni deludenti e il mal d'amore di cui Anna è protagonista. Tea-Soaked Letter è un brano che fa molto West Coast, ritmo veloce e chitarra in progressione, in cui armonie vocali non vacillano mai e ogni melodia sembra familiare, fresca, quasi estiva, nonostante il significato che trasuda rimpianto e desiderio di rimediare alla fine una relazione, quando oramai è troppo tardi: “You're all I wanted” . La Burch scrive di desideri romantici insoddisfatti di un amore non corrisposto e lo fa sempre con una malinconica dolcezza, nel sound vintage di Belle Isle - che ricorda Lana del Rey in versione country - si sente però la sua brama di qualcosa di diverso, di scappare e trovare qualcuno di nuovo.
In Asking 4 a Friend Anna canta: “Se la memoria è selettiva, il dolore è relativo”, qui la rabbia, sempre contenuta, viene tradotta ed espressa dal suono di una chitarra carica di effetti e in continuo crescendo e da una voce all’apparenza più annoiata che collerica. E’ il buio prima della luce. Non a caso infatti il brano finale si apre con un sospiro. L’alt-folk dalla melodia sognante With You Every Day è un pezzo ricco di armonie, bassi penetranti e voci oniriche, dove finalmente l’autrice sembra aver trovato la serenità arrendendosi al vero amore: “I'm just with you every day, I know it's better than before, So why, why do I need more?”.
Quit the Curse ti dà il senso di non avere una collocazione temporale ben precisa, un attimo prima sei un adolescente nella sua cameretta che sogna ad occhi aperto il compagno di scuola e subito dopo, senza sapere come, hai trent’anni e stai maledicendo l’ennesimo imbecille di turno incontrato che ti ha irrimediabilmente ferita. No, questa non è la posta del cuore ma l’effetto Anna Burch che, nonostante tutto, ci suggerirebbe dall’alto della sua esperienza di andare oltre cantando: “I won’t play the victim just because I can’t get what I want”
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