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Earthless
Black Heaven
2018
Nuclear Blast
di Giuseppe Celano
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Giunti al quinto album, gli Earthless aggiustano il tiro alzando il livello delle composizioni e abbassando notevolmente la durata delle tracce-jam che nei primi capitoli arrivavano a durata anche più di venti minuti.
I tre continuano a muoversi sull’asse d’acciaio Zeppelin/Sabbath/Hendrix attraverso cinque nuove take forti di una costruzione più vicina al song-like format con tanto di chorus e bridge su cui s’inseriscono repentini gli assoli della pregiata forneria Mitchell.
La presentazione viene affidata all’opener Gifted By The Wind incaricata d’illustrare la nuova veste che, sebbene sia mutata nell’aspetto, mantiene lo stile e l’anima hard rock seventies oriented. Nella loro musica, a dispetto di quanto possiate pensare, c’è una sorta di libertà vicina, nella composizione e nell’esecuzione, alle strutture del jazz. Si parte da un’idea su cui confluiscono elementi mutanti, cambi di tempo e impennate solistiche del tutto imprevedibili e così affascinanti da risultare ipnotiche.
Che Isaiah sia un adepto di è ormai notizia di pubblico dominio, se non vi fidate basterà mettere su la titletrack per capire quanta sia stata “lesiva” l’influenza di Mr. Page sul chitarrista americano. Black Heaven infatti prende a piene mani dall’ormai celeberrimo LZ I e precisamente dalla traccia Good Times Bad Times omaggiata nel rifferama iniziale e poi trasformata in un flusso magmatico di matrice puramente hendrixiana nel segmento centrale.
Molto più lunga e psichedelica, quindi vicina al loro recente passato, risulta Electric Flame compatta e dall’impatto devastante, vive di ripartenze brucianti su pentatoniche cosparse di fosforo bianco per cui anche gli Amon Dull II ringrazierebbero sentitamente. Prima del singolo ci sono anche due minuti condensati di una pura cavalcata, Volt Rush è infatti una frustata che nel 2013 avrebbe fatto parte di un assolo incastonato dentro un brano di 15 minuti.
L’altra gran differenza con il passato è una significativa aggiunta di sezioni vocali, rintracciabili fra le altre nella conclusiva Sudden End, otto minuti per una ballata posta, stranamente, a fine corsa e che rimanda alla pastosità del sound di Mr. Zakk Wilde e dei suoi Black Label Society.
Prender(lo)e, perché lasciare sarebbe un delitto
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22/03/2018 -
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