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Yo la Tengo
There's a Riot Going On
2018
Matador
di Andrea Salacone
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Ascoltare gli ultimi album degli Yo La Tengo è stata spesso un’esperienza paragonabile all’incontro con un vecchio amico particolarmente caro che tende sempre più a propinare racconti noiosi e prolissi.
L’affetto resta immenso e tenace, ma la voglia di stare insieme è messa a dura prova. Il precedente Stuff Like That There, lo scrivemmo su queste pagine, era mediocre ¬– anche se ravvivato da una splendida rilettura di I Can Feel The Ice Melting superiore all’originale dei Parliaments – e il concerto con cui lo presentarono al pubblico all’Auditorium di Roma fu tutt’altro che memorabile.
There's a Riot Going On, diciamolo francamente, è un passo falso inatteso quanto imprudente. Gli Yo La Tengo hanno deciso di rimanere in folle per tutto il disco, e ci rifilano scialbe ballate soporifere che impallidiscono al confronto con quanto composto in passato.
Un trip psichedelico sorbirsi l’album dall’inizio alla fine, provocato dal torpore che assale durante pezzi quali She May, She Might, Ashes, Polynesia e What Chance Have I Got. Sentendo Dream Dream Away sospetterete di essere affetti da sonnambulismo e di aver inconsapevolmente sostituito il disco nel lettore col primo Cd dei Fleet Foxes (!).
Si salva qualche brano? Per pietà potremmo citare Shades of Blue, che però è una rivisitazione di Little Eyes eseguita al rallentatore, la dignitosa For You Too e, forse, la bossa nova di Esportes Casual Delusione dolorosa e cocente. I giorni importanti di cui cantavano gli Yo La Tengo sono ormai un ricordo sfocato?
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25/03/2018 -
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