Su di loro è stato detto di tutto: sono stati apprezzati dalla critica e messi sul podio dal pubblico, ma anche pesantemente criticati dai fan, per le loro scelte musicali. Diciannove anni di musica a partire da Showbiz, uscito nel 1999, al fallimento d’oltreoceano del loro secondo album “Origin of Simmetry,” (2001), che non è stato pubblicato in America perché all’epoca considerato troppo underground; alle smorfie per l’imprinting elettronico di Black Holes and Revelations (2006). E per finire, la loro ipotetica svolta pop che è convolata a nozze nel 2009 con The Resistance, dopo una lunga storia d’amore cominciata nel 2006. E proprio dal 2006 in avanti, i Muse si sono progressivamente allontanati dal rock ruvido e crudo a cui avevano abituato il pubblico, ma anche dalla loro caratterizzante potenza sinfonica e orchestrale. Allo stesso modo, i Muse, sono entrati nel mondo delle grandi star ottenendo un successo planetario di pubblico e critica ed etichettati dagli affezionati con la più classica delle frasi: “erano meglio prima”. Succede. Come è successo ai Coldplay, ai Metallica, agli U2, amatissimi, eppure allo stesso modo, odiatissimi.
Il dato di fatto è che i Muse, con oltre venti milioni di dischi venduti e concerti soldout in ogni angolo del mondo, rimangono, oggi, sotto ogni punto di vista, una delle rock band più influenti della scena musicale internazionale.
Simulation Theory, il loro ottavo studio album, è stato largamente anticipato dal singolo Dig Down, uscito quasi un anno prima, nel Maggio 2017, che ha spiazzato il pubblico, con quei cori gospel e il video clip futuristico. L’aspettativa era altissima, perché dopo il back to basic verso il rock classico, promesso – ma davvero mantenuto? - da Matthew Bellamy per l’ultimo album Drones (2015), nessuno sapeva davvero cosa aspettarsi dal nuovo disco. Soprattutto dopo le imprevedibili parole della band che prometteva “qualcosa di molto diverso”. Nel frattempo, sono usciti altri due singoli: Thought Contagion (febbraio 2018) e Something Human (ottobre 2018). Sono molto dissimili tra di loro: Something Human suona quasi intima, con un testo che parla del ritorno a casa, del bisogno di trovare qualcosa di umano, e Thought Contagion invece sembra riportarci per intero nelle atmosfere cupe a cui ci avevano abituato con Drones. Ma attraverso i video, le canzoni sembrano avere un unico filo conduttore; un tuffo in una specie di film dove il tempo e lo spazio non esistono, qualcosa di effimero, capace di rivelare i toni dell’album stesso. Led luminosi, synth, tanta, tantissima elettronica e un orientamento pop abbastanza pesante.
Simulation Theory esce il 9 Novembre 2018. Undici tracce che sono un’epifania musicale. Che ti lasciano a bocca aperta, stordito, a vagare in quel mondo colorato di blu elettrico e fucsia che è il tema grafico dell’album, con le orecchie pregne di suoni diversi. Qui non si parla di pop, e nemmeno di elettronica e nemmeno di un ritorno nostalgico agli anni ’80. Questi sono i Muse. Simulation Theory è come suonano i Muse nel 2018. C’è tutto di loro in questo album: c’è il pop, la parte orchestrale, l’elettronica, ci sono le chitarre. C’è sperimentazione ma anche un messaggio da raccontare. La visione, la follia, la grandiosità che sfiora appena il superamento del cattivo gusto. Allora, sfatiamo un mito. I Muse sono sempre stati pop. Lo erano nel 1999, al loro primo album, quando suonavano Unintended, una ballata di incredibile raffinatezza e bellezza, per essere stata scritta da un Matt Bellamy allora diciannovenne. Da allora troviamo canzoni pop praticamente in tutti gli album dei Muse. E’ inutile che i puristi continuino a scandalizzarsi, perché Matt Bellamy ha sempre avuto una forte connotazione pop. La sua ritmica nel modo di cantare ne è un segno così evidente.
Come c’è sempre stata molta armonia, perché le canzoni dei Muse, anche quelle che sono considerate pezzi rock per antonomasia, quelle ruvide, grezze, come Stockolm Syndrome (2003) o New Born (2001), hanno una linea melodica classica e orchestrale. Anche l’elettronica, che ha reso speciali i Muse, e li ha resi diversi, unici, distanziandoli dalle decine di gruppi etichettati sotto il genere britrock.
Ascoltare Simulation Theory mi da le stesse splendide sensazioni provate ascoltando il loro primo album ShowBiz(1999), quando i Muse si affacciavano prepotentemente sulle scene, con un disco contrastante, crudo e melodico, visionario ma introverso, che però presagiva tutte le loro potenzialità e che cosa sarebbero diventati.
Simulation Theory è il punto di arrivo di tutte le loro sperimentazioni, di tutti i loro cambi di pelle, della loro voglia di spronare e di sfidare. Se Absolution (2003) ha toccato l’apice per la sua grande orchestralità, così come Origin of Simmetry (2001) è stato il trionfo di chitarre e pianoforte, e Black Holes and Revelation ha rappresentato l’aprirsi più deciso verso l’elettronica, Simulation Theory è il trionfo di tutte queste cose messe insieme. The Resistance (2009) è stato l’ago della bilancia, con alcuni pezzi veramente appaganti (Uprising, Resistance, Undisclosed desires e naturalmente Exogenesis Symphony) mentre gli altri due album, The Second Law(2012) e Drones(2015), hanno rappresentato una sorta di terra di mezzo dove i Muse sembravano cercare una direzione, senza riuscirci in piano, regalando solo alcuni pezzi interessanti (Dead Inside, The Globalist, Animals, Drones e Unsustainable).
Simulation Theory è un punto di svolta, è un album che ci parla dei Muse ad un livello superiore, che li definisce, li rappresenta e che ti fa venire voglia di capirli, setacciarli, e provare ad indovinare che cosa faranno la prossima volta. Lo stesso frontman Matt Bellamy ha dichiarato che in quest’album è presente una sorta di positività che non c’è mai stata negli album precedenti. I suoi temi preferiti sono sempre stati il complottismo e le apocalissi, la terza guerra mondiale e una tecnologia che prende il sopravvento rendendo schiavo il genere umano. Il tutto condito da una sorta di potente malinconia da cui ha tirato fuori più di un capolavoro.
Simulation Theory è un cambio di rotta. L’album si apre con Algorythm, che da sola vale tutto il disco: quella base secca e ridondante, resa pregiata da una sessione di archi mescolata a futuristici suoni elettronici. Da un pianoforte che arriva all’improvviso. Un pezzo che dovrebbe assolutamente uscire come singolo. Matt Bellamy & Co ci trascinano in un fantasmagorico mondo virtuale, una sorta di simulazione per sfuggire alla realtà. Lui stesso ha dichiarato: “Guardavo molto le news, i social. Poi li ho spenti, li controllavo solo una volta al mese. E dopo un mese le notizie erano le stesse. Si parla sempre della stessa roba. Non c'è soluzione” . E poi è successo che si è immerso nella realtà simulata, virtuale, precisamente un gioco di Star Trek, e lì, ha avuto un'illuminazione. "Parlavo con persone a caso - un ragazzo russo, qualcuno in Australia - che stavano giocando con me a una partita di Star Trek Online. Questo mi ha dato una sorta di speranza per il genere umano. Quando sfuggi alla realtà, tutti sono più gentili, meno arrabbiati. Non c'è polizia, niente legge, niente. Nessuno parla di politica. Metti gli umani fuori dalla realtà e si divertono in un mondo senza guerre. Riportali alla realtà ed è problematico”. Simulation Theory è la rappresentazione musicale di quel mondo virtuale che ha percepito. La simulazione della realtà per sopravvivere e per comprendere le cose, per vivere la vita senza esserne oppressi, e alla fine comprenderla profondamente. Questo è il grande tema dell’album. Che viene riproposto quasi in ogni canzone.
The Dark Side, per esempio, seconda traccia del disco, notevole anche nella alternative version al pianoforte, ci riporta nel mondo dei Muse fatto di falsetti e malinconia, il tutto inserito su una base elettronica.
I have lived in darkness For all my life, I’ve been pursued You’d be afraid if you could feel my pain And if you could see the things I am able to see Break me out, break me out Set me free Ho vissuto nell'oscurità Per tutta la vita, sono stato perseguitato Avresti paura anche tu se potessi sentire il mio dolore E se tu potessi vedere le cose che ho dovuto vedere Fammi scappare Liberami
Pressure, terza traccia, con i suoi riff sinistri e ruvidi inseriti in un pop rock leggero, un contrasto che certamente vuole riproporre il tema di realtà ordinaria vs realtà simulata. Una canzone che suonata live renderà al cento per cento la sua potenza.
Matt Bellamy non stupisce solamente per il suo modo di suonare e di comporre i testi, ma anche per il suo caratteristico modo di cantare, che in quest’album in particolare, trovo nettamente migliorato con un suono pulito e una struttura più matura (anche se a tratti manca il suo respiro “quasi asmatico” che rendeva uniche le canzoni).
Con Simulation Theory i Muse ci fanno immergere in un mondo parallelo, che ricorda gli anni ’80, a partire dalla cover dell’album , realizzata da Kyle Lambert, autore delle locandine di film leggendari come “La Cosa”, “Jurassic Park” sino all’ultimo arrivato “Stranger Things”. Anche i video abbinati alle canzoni hanno pesanti richiami agli anni 80 in generale, Ritorno al Futuro, BladeRunner, Thriller di Michael Jackson, inseriti in un contesto moderno che ti da l’impressione di essere dentro “una grande finzione”, senza riuscire a capirne esattamente il tempo e il luogo.
La certezza e il messaggio ben chiaro è che in quel luogo ci si diverte molto, si è staccati dalle problematiche della realtà e quale periodo migliore degli anni ‘80 poteva rappresentare questo concetto? Quando le persone si sentivano libere e capaci di fare qualsiasi cosa, non avevano appiccicata addosso la serietà di questi tempi, non erano affatto preoccupate per il futuro.
Matt Bellamy però, aspira comunque ad un ritorno a “qualcosa di umano” e non lo fa solo attraverso l’omonima canzone “Something Human”, ma ce lo mostra con le tracce centrali dell’album, Propaganda e Break It To Me. Le canzoni che si allontanato di più dallo stile classico dei Muse e sulle quali molti hanno puntato il dito, forse perché quando si parla di pop lo si fa spesso con accezione, purtroppo, negativa.
Canzoni pop della potenza di Propaganda e Break It To Me non si sentivano ormai da dieci anni, quando, dopo la morte di Michael Jackson, il genere musicale aveva completamente perso l’orientamento.
Quella genialità perduta la ritroviamo nella finezza dei testi, nella ricercatezza dei suoni, che sono al 50% elettronica e al 50% veri strumenti. Canzoni che raccontano un messaggio, dove c’è “qualcosa di umano”, dove l’essere umano guida ancora la sua esistenza ed è alla fine, capace di comprenderla. L’album si conclude con la splendida The Void, un brano da riascoltare più e più volte, e che vi consiglio anche nella versione al pianoforte della Super Deluxe Version del CD. Un pezzo che rappresenta i Muse in tutte le loro sfaccettature, una canzone dai toni cupi, dal cantato eccezionale, che chiude l’album con un messaggio positivo.
They’ll say the sun is dying And the fragile can’t be saved And the cold, it will devour us And we won’t rise up and slay giants They’re wrong They’re wrong
Diranno che il sole sta morendo E il fragile non può essere salvato E il freddo, ci divorerà E non ci alzeremo e uccideremo i giganti Si sbagliano Si sbagliano
Simulation Theory è un album da avere nella propria collezione, da ascoltare a fondo, da comprendere e da godere. E se proprio devo trovarci un difetto, lo vedo nell’unica canzone che, secondo me, è la più debole: Get Up and Fight. Ma, in fondo, durante la potenza di fuoco di un live dei Muse, si deve anche potere tirare il fiato un momento. E a proposito di live, i Muse partiranno con un tour mondiale che ha già confermato tre date in Italia: il 12 e 13 Luglio allo Stadio San Siro di Milano e il 20 Luglio allo Stadio Olimpico di Roma. Prepariamoci, quindi, ad entrare nella straordinaria realtà virtuale dei Muse.
Simulation Theory - Deluxe Edition CD
Algorithm - 4:05 The Dark Side - 3:47 Pressure - 3:55 Propaganda - 3:00 Break It to Me - 3:37 Something Human - 3:46 Thought Contagion - 3:26 Get Up and Fight - 4:04 Blockades - 3:50 Dig Down - 3:48 The Void - 4:44
(+) Alternative Version: Algorithm (Alternate Reality Version) - 3:32 The Dark Side (Alternate Reality Version) - 3:54 Propaganda (Acoustic Version) - 2:58 Something Human (Acoustic Version) - 3:46 Dig Down (Acoustic Gospel Version) - 3:57
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