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Album affascinante, carico di suggestioni armoniche che si dipanano lungo un tappeto di beat elettronici, morbidi e raffinati. E’ questo il primo impatto con il nuovo disco dei Giardini di Mirò, un album che sì è fatto attendere a lungo, dal 2012 per la precisione, anno in cui fu pubblicato Good Luck.
L’album si intitola Different Times che è anche il titolo del brano strumentale omonimo di nove minuti che apre il disco. La line up della band è rimasta invariata: Corrado Nuccini, Jukka Reverberi, Mirko Venturelli, Emanuele Reverberi e Luca di Mira; da qualche tempo però c’è Lorenzo Cattalani, alla batteria, al posto di Francesco Donadello. L’album è stato prodotto da Giacomo Fiorenza, la stessa persona che aveva curato i primi due dischi del gruppo.
Un segno questo di voler mantenere solidi legami con il passato, ma non certo un impedimento, perché la band guarda ancora avanti, verso le sonorità del futuro. Ci troviamo ad ascoltare un disco molto moderno, arioso, corale, attento ai dettagli, capace di spaziare dal post rock allo shoegaze, dalla musica psichedelica all’elettronica, restando però sempre fedele alla propria identità. Sonorità minimali e ipnotiche che si avvalgono del contributo vocale di diversi e importanti special guest come Adele Nigro degli Any Other su “Don’t Lie”, come Robin Proper-Sheppard dei Sophia su “Hold On”, come Glen Johnson dei Piano Magic su “Failed To Chart” e come Daniel O’Sullivan su “Fieldnotes”, l’episodio finale dell’album.
Different Times rivela una assoluta coerenza nelle composizioni e nell’approccio sonoro, che rimane sospeso, perennemente in bilico, uno sguardo su un mondo liquido in continua trasformazione. Il campetto di calcio di periferia, ritratto dalla sapiente macchina fotografica di Simone Mizzotti, non si trova qui da noi, da sempre tribù appassionata di calciofili, ma in Cina. E’il segno dei tempi che cambiano, ma anche di un gruppo che - partito tanti anni fa da Reggio Emilia - ha acquisito un respiro sempre più europeo, una dimensione internazionale. Giardini di Mirò è un nome che si evolve, ma che resta un punto di riferimento per la scena indie italiana e non smette di sorprenderci. Album molto valido, da ascoltare
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