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Ciecamente passatista, e perciò del tutto inutile, o fascinosamente vintage, e quindi degno di nota. Da quale prospettiva guardare a un disco come “Mercy”?
Da anni etichette specializzate hanno riproposto, o “scoperto” e diffuso, registrazioni di canti popolari di ispirazione biblica o sermoni risalenti al primo Novecento, o addirittura alla fine dell’Ottocento: basti pensare a “Goodbye, Babylon”, box meraviglioso pubblicato dalla Dust-to-Digital nel 2003, o a uno scrigno di gioielli come il cofanetto “Waxing the Gospel: Mass Evangelism and the Phonograph, 1890-1900” della Archeophone Records (2016).
Che si tratti di spiritual, di gospel, o di generi affini, degli originali, insomma, c’è abbondanza anche eccessiva. Si avvertiva la necessità di un’epigona contemporanea? Forse no, ma come negare l’incanto di un’opera così fuori dal tempo e incurante delle mode come questa incisa dall’americana Natalie Bergman?
Devozione autentica e senza riserve, e un afflato spirituale permeano tutti i brani in scaletta. Alcuni sono sommessi, come la melodiosa “Talk To The Lord”, o “Home At Last”, quasi una variante eterea della celebre “The Lonesome Death of Hattie Carroll” di Bob Dylan; altri più corposi: la corale “Shine Your Light On Me”; “Sweet Mary”, che potrebbe provenire da un LP della Stax.
“I Will Praise You”, col basso sinuoso in primo piano, e “I’m Going Home”, tra chitarre acustiche, tastiere e un tenue palpitare di elettronica, esprimono gioia e reverenza nei confronti del Signore; un’ibridazione di tradizione, linguaggi diversi e (poca) contemporaneità che caratterizza anche “The Gallows”, in cui convivono andamento country, tastiere da rito religioso e deboli rumori in sottofondo.
Da ricordare anche le ballate “Paint The Rain”, “Your Love Is My Shelter” (a la Carole King, o Jackie De Shannon), “You Make My World Go Round”, e la conclusiva “Last Farewell”, con una linea vocale che rimanda alla “Thrasher” di Neil Young.
In conclusione, “Mercy” possiede una grazia leggiadra, e non si limita a riprodurre fedelmente e pedissequamente musiche e stilemi dei bei tempi andati. Per riconoscerne i pregi bisognerà però ascoltarlo con calma; non ci vorrà molto a comprendere le ragioni che hanno spinto un’etichetta benemerita e attenta come la Third Man Records a pubblicarlo.
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