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Nuovo disco per Nick Cave, dopo l’immenso ”Idiot Prayer” , doppio album dal vivo che risale a Novembre dell’anno scorso.
Il disco è stato registrato in fretta, durante il lockdown, con Warren Ellis dei Bad Seeds, suo collaboratore da sempre, ma che compare per la prima volta nel ruolo di co-autore. L’album si intitola “Carnage”, appena otto brani, crudi e brutali quanto basta per cantare un mondo sull’orlo di una catastrofe. Canzoni che nascono dall’urgenza di comunicare una nuova situazione, uno stato di separazione e di sofferenza che questa volta ci accomuna tutti. Sembra che il nucleo centrale, la forma melodica di base delle otto nuove composizioni, abbia preso forma dopo appena tre giorni.
Un processo quanto mai rapido, accelerato si potrebbe dire, ma anche molto intenso, che si è sviluppato con precisone nella direzione di un dolore cosmico che ha cambiato perfino il nostro modo di stare sulla Terra. Può il senso di morte, la mancanza di certezze, contenere - oltre alla sofferenza - un accenno di bellezza? Canzoni come “Hand Of God”, “Carnage”, “Lavender Fields”, “Albuquerque” e “Shattered Ground” dimostrano che è ancora possibile, che il lirismo poetico proprio del binomio Cave - Ellis è una risposta convincente, è un rimedio a tanto dolore. La sensibilità dei due musicisti viene come stimolata da questa condizione di precarietà, così Nick Cave si identifica in quel “Balcony Man” protagonista dell’ultima canzone del disco, l’uomo che guarda da lontano e riflette in un drammatico “spoken word” sul destino del mondo.
Un testimone sconsolato, che ricorre volutamente ad un linguaggio minimale per descrivere il disfacimento. Il rock, inteso in modo convenzionale, è abbandonato totalmente, ci sono più sintetizzatori che chitarre elettriche. La parte iniziale di un brano come “White Elephant” ne costituisce l’esempio più convincente: inquieta e pesante, un substrato di elettronica e di heavy blues, all’interno del quale Nick Cave recita, piuttosto che cantare. Cave vede l’Uomo come una “scultura di ghiaccio che si scioglie sotto il Sole”. La stessa canzone poi si dipana in un “crescendo” improvviso, più corale, una sorta di delirio “gospel” che inneggia ad un “regno nei cieli” pronto ad accoglierci, che è insieme ultimo approdo e speranza.
Il disco si rivela estremamente interessante, perché drammaticamente vero, importante, ricco come è di spiritualità e di ricerca poetica. Da ascoltare.
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