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Formati a New York da Henrik García Søberg, ma ora di stanza a Oslo, i Lazy Queen hanno alle spalle due EP usciti tra il 2015 (la cassetta “Drift”) e il 2021 (“Get Home Or Die Trying”, solo in vinile).
Il revival degli anni Novanta non si arresta. Il gruppo di Søberg ripropone, in parte, sonorità che furoreggiavano in epoca post-“Dookie” (Green Day): un periodo in cui nel calderone del pop punk si erano confusi e mescolati hardcore punk, “hardcore melodico” e post-hardcore, con esiti talvolta felicissimi, talvolta improbabili e imbarazzanti.
Aggiungiamo un pizzico di Stone Roses del primo album per le armonie e i cori ariosi, e una tastiera qui e là, e ci sembra che la ricetta sia completa.
Se escludiamo i tre intermezzi “parlati” (“”, “Hūmäń”, “Rėāçtįöń”), “A Human Reaction” non pare offrire altro: l’energia e le chitarre distorte di “Bed/Head”, sezione ritmica lasciata a condurre una strofa, e poi nuova esplosione di chitarre e brevi assolo, con la batteria “tirata” e sempre uguale; “Alcohol”, che deve molto ai Buzzcocks più orecchiabili, ma che ha un guizzo nel bridge rallentato; “Detached, Together” e “Leech”, meno irruente, e sempre melodiose, benché prive di grande attrattiva (nell’ultima, però, non è male il cambio repentino di atmosfera).
Insomma, dato atto della capacità dei Lazy Queen di scrivere canzoni estremamente gradevoli, esprimiamo anche gratitudine per la scelta di imboccare strade diverse da quelle del filone delle rimasticature post-punk che affligge i nostri giorni.
Tuttavia, per il momento, la loro proposta musicale si richiama troppo al passato e al “già sentito” per poterne caldeggiare l’ascolto seguito dall’acquisto del nuovo EP. (E, purtroppo, la tremenda copertina non invoglierà a mettersi in casa il disco)
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