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Gianni Siviero negli anni settanta è stato uno di quei cantautori che definiamo miltanti, una voce schietta del movimento, quando la politica era un elemento di collettività.
Invitato al Tenco negli anni delle prime rassegne tra il 74 e il 76, dopo tre dischi di grande spessore, decide nei primi anni ottanta di abbandonare le scene, deluso dall'ambiente musicale nell'epoca del riflusso. In tutti questi anni però ha continuato a scrivere canzoni che vengono pubblicate in dischi digitali di colore diverso nel suo sito e proprio da questi sterminati archivi che si materializza "Questi anni". Dopo il doppio disco "Io credevo-le canzoni di Gianni Siviero" (Targa Tenco 2020), Squilibri Editore ha deciso di affidare a Olden, uno dei cantautori più interessanti delle nuove generazioni, il compito di scegliere alcune gemme. Grazie agli arrangiamenti e alla produzione artistica dell'instancabile Flavio Ferri (che insieme a Siviero ha musicato i brani) è nato questo nuovo lavoro. Cose di Amilcare ha curato la produzione esecutiva, uno scritto di Domenico Ferraro e i dipinti di Carlo Montana invece arricchiscono il booklet dell'elegante cartonato.
Le dieci canzoni del disco sono state scritte tra il 1978 e il 2020 e inquadrano bene il personaggio Siviero e la sue evoluzione. Il disco si apre con "Non vogliamo capire" ("Noi che usiamo il mondo come una credenza, noi che gettiamo senza avere usato, noi che comperiamo senza aver pagato, noi che di nulla abbiamo mai abbastanza") sostenuta da una dinamica chitarra acustica e qualche frammento di tastiera. "I piccoli regali" ("E musica, ho regalato musica, perchè nessuno si sentisse abbandonato al fragore spietato della solitudine") è accarezzata da un tappeto pianistico che culla la voce calda di Siviero con quella limpida di Rusò Sala e di Olden. Arpeggi di chitarra acustica mischiati a leggera elettronica scandiscono "Troppe cose" ("Casa vuota che ti sta ad aspettare, un paese che ti sta a guardare, troppa gente che ticerca nel buio, nessuno con cui camminare"). "Questi anni" ("Questi anni non sono che un istante, dire per sempre è soltanto un'illusione e nell'ardere intenso del tuo tempo, domani ti accadrà di svegliarti e accorgerti sereno che sei un uomo") è pienamente malinconica con un arrangiamento cupo di chitarre elettriche, tastiere e ancora un bello scambio di voci tra Siviero, Sighanda e Olden. "Italiani veri" ("Ormai non serve niente parlare di Bologna, chiedere di capire, dire che è una vergogna, però Piazza Fontana non è soltanto un posto dietro Piazza del Duomo, giustamente nascosto") è tratteggiata da ricami acustici di chitarra sopra a giochi elettronici e ad una batteria incisiva.
"Mille e non più mille" ("Carità pane amore chi sapeva di queste cose chied con tristezza, chi non sapeva urla con rancore ma tra accattoni manca la risposta") si appoggia a delle percussioni, mentre le chitarre ricamano flamenco e portano ad esplosioni più elettriche. Atmosfera più sperimentale in "Sera di luglio" ("Freddo un telegiornale racconta di altre genti, parla di morti e soldi come di stesse cose") dove l'incursione della voce di Claudia Crabuzza crea un bel pathos. "In cerca di un ragionamento" ("Vena sottile di malinconi, sottile filo di un ragionamento che si è soezzato lasciando una scia, pensieri smarriti e schegge di vento") con la voce di Wayne Scott ha sonorità più rock con due parti più delicate e suggestive. "Dimmi Giorgio" ("Vorrei sapere ora che faresti, con che canzone ora parleresti di quel che accade e che non so più dire, di quel che sento e non so più cantare") è un commosso omagggio al cantautore Giorgio Lo Cascio (morto prematuramente nel 2001) con un avvolgente e solenne tappeto di synth e tastiere.
Chiude il disco "Che bella luna" ("Amore, morte, odio , terremoti, stupri, linciaggi, scannamenti in massa, tutto filmato e raccontato, passa come un teleromanzo per idioti") un pezzo a tratti teatrale con arpeggi pianistici macchiati dai taglienti distorsori della chitarra elettrica. Pregevole il lavoro negli arrangiamenti che bilanciano bene la tradizione d'autore con lo sperimentalismo più moderno. Olden è suo agio in un repertorio diverso, per certi versi lontano dal suo mondo musicale e lo affronta con rispetto e intensità. Il passaggio di testimone, specialmente nell'incrociare le loro voci, mi sembra perfettamente riuscito.
"Questi anni" è un disco necessario e può essere un'opera di divulgazione per far conoscere alle nuove generazioni la grandezza di Gianni Siviero, una penna capace ancora di colpire acutamente sui mali della società e sulla vita quotidiana.
TRACKLIST
Non vogliamo capire I piccoli regali Troppe cose Questi anni Italiani veri Mille e non più mille Sera di luglio In cerca di un ragionamento Dimmi Giorgio Che bella luna
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