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Lo avevamo lasciato due anni fa con l'ottimo "Homo distopiens", ma Fabrizio Tavernelli è un vulcano con l'inspirazione in piena e ce lo conferma con il suo sesto e nuovo disco intitolato "Algoritmi".
Dodici tracce che compongono questo concept basato sull'onnipresenza degli algoritmi in ogni ambito della società e dell'esistenza degli umani. Arpeggi di chitarra mischiati a suoni computerizzati sostengono "Algoritmo stocastico" ("Analisi variabili prevedono l'obbiettivo stabile e formule e pratiche strategiche, matematiche sequenze informatiche diventano lisergiche") che apre il disco. Ritmi di danza con chitarra slide, wah wah, synth drum ed esplosioni di moog caratterizzano efficacemente "Impantanato nel Vietnam" ("Sono il criceto che fa girare la rota del tuo cuore, il cane che non riporta il bastone, il cane senza più salivazione, Pavlov in depressione"). "Il bagno e l'antibagno" ("Prima c'è il gender e dopo c'è il transgender, prima la missione e poi l'integralista, prima c'è il dito e dopo c'è la luna, prima c'è la croce e dopo c'è la scheda") è un funky-dance infarcito dai synth e dal piano.
"Algoritmo alfanumerico" ("Cabala, Pitagora, all'ennesima potenza, algebra, ricalcola, riconsidera una formula, relatività, relatività, relatività") è più claustrofobica, punk nell'impatto del testo con elettronica in primo piano, compresa la chitarra suonata con l'ebow di Giorgio Canali. Atmosfere da flamenco risuonano in "Fallibili" ("Come una belva che morde dentro, come una belva che strappa la pelle che dovrei ascoltare, che dovrei nutrire e poi lasciarla fuggire dalla gabbia delle colpe") con i vituosismi di chitarra classica, le nacchere e i battiti delle mani. "Il lupo e lo sciacallo" ("Il lupo è il passato famelico che insegue l'attimo, lo sciacallo è il futuro che sfugge furtivo con il manto dorato e il cielo grigio") è una bellissima e toccante ballata con un'atmosfera magica impreziosita dagli archi e dai fiati dell'Algoritmo ensemble diretto da Simone Copellini. Si ritorna ai minimoog e ai synth con "Performance" ("E intanto la dignità era solo un infortunio, come la mano che la pressa ti ha tranciato, come il respiro in un silos soffocato, era meglio l'alienazione che questo scodinzolare davanti al tuo padrone, se gli dai la zampa e fai la guardia al suo tesoro, sarai il trofeo della sua cacciagione") dove troviamo ancora Giorgio Canali con l'arpeggio di chitarra elettrica e il solo finale.
"Al Khwarizmi" è uno strumentale dai sapori etnici con sitar, percussioni di legno e alcuni interventi vocali di Khadija. "Braghetta digitale" ("Braghetta digitale per non urtare bigotto sociale, autocastrazione sacrificale, il manuale di storia dell'arte dispare, tecnocratico censore accende il rogo nella rete, non condivide l'osceno, non rappresenta il nudo, sul mio profilo cala il buio e cala la mannaia ottusa dell'oscurantista") è una marcetta sinfonica con gli interventi del gruppo corale "Il Braghettone" e il sax baritono, cantata ironicamente, quasi da operetta. "Algoritmo gig" ("Algoritmo dalla Persia la sequenza non si è persa, dimmi cosa debbo fare per risolvere il problema, dimmi cosa è necessario, cosa non c'è da calcolare, per capire quanto tempo mi rimane per pisciare") è una delirante cantilena che lascia spazio alla chitarra funkeggiante, l'elettronica sporca e il ritornello trascinante.
"Nei libri di storia" ("Non voglio il nome della tua via, non voglio il monumento alla follia, no, non è stata una vita eroica, ma un'esistenza paranoica") troviamo ancora ritmi movimentati con incisive batterie programmate e suoni sintetici. Chiude il disco "L'angelo del focolaio" ("Angelo che vegli su di me, sui miei respiri deboli, che proteggi dai nostri cuori infetti, che ti mantieni distante, sulle tue ali che volan sull'ossigeno delle terapie intensive") una preghiera rabbiosa sostenuta dal pianoforte con i fiati della Algorithmic Marching band. Un disco difficile all'ascolto (come ci ha abituato Tavernelli), ma proprio per questo affascinante e originale. Tavernelli è una mosca bianca in un ambiente troppo omologato musicalmente e questo lavoro lo dimostra pienamente. Una scrittura travolgente, delirante, graffiante che è uno sguardo lucido della nostra realtà.
Dal punto di vista musicale è tutto uno sperimentazione di suoni, una ricerca di strumenti particolari e di atmosfere. Il cantato ha tantissime sfumature unite ad una sicurezza che nelle parti più liriche viene sottolineata. Un grande ritorno quello del Taver, uno di quegli artisti che meriterebbe più attenzione, uno che realizza gioellini come questo, uno ancora capace di farci pensare, di stupirci e non mi sembrano cose di poco conto.
TRACKLIST
Algoritmo stocastico Impantanato nel Vietnam Il bagno e l'antibagno Algoritmo alfanumerico Fallibili Il lupo e lo sciacallo Performance Al Khwarizmi Braghetta digitale Algoritmo gig Nei libri di storia L'angelo del focolaio
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