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Kasabian
The Alchemist’s Euphoria
2022
Sony Music
di Angelo Bianco
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Il primo ascolto di The Alchemist’s Euphoria, settimo album in studio dei Kasabian, è quantomeno spiazzante, piuttosto diverso da ciò che ci si aspetterebbe normalmente dal quartetto inglese. E non tanto per le edulcorate biforcazioni stilistico-sonore, che il tuttofare Pizzorno aveva in qualche modo sperimentato con il side-project solista The S.L.P., ma perché al “genoano” Sergio è toccata suonarsela e cantarsela da solo, letteralmente parlando, in virtù della separazione tra Tom Meighan e la band d’oltremanica.
E il vuoto lasciato dal vecchio compagno di mille tour e avventure si vede e, soprattutto, si sente, nonostante il ritorno (stavolta full-time dopo anni da turnista) del chitarrista Tim Carter.
Con il suo sound alla vecchia maniera, Alchemist è il preludio di un lavoro discografico variegato che senza timori reverenziali s’addentra tanto nella follia della psichedelia spaziale di Æ space quanto nell’ottimismo acustico e quasi indie-pop di Letting go. I rimandi all’illustre repertorio musicale antecedente non mancano di certo, e talvolta sono di natura sonora e in altri casi di carattere testuale. Ma è quando i Kasabian si comportano da Kasabian che viene fuori tutta l’onda brit-rock, spesso celata in favore di un sound più elettronico e sintetico, come nel caso dell’intensa Chemicals che con Scriptvre si contende lo scettro di miglior canzone dell’album a mani basse.
Alygator è un altro di quei brani dalla particolare intestazione che risulta oltremodo bizzarro, a fronte di un testo altrettanto eccentrico nell’inneggiare a stelle, all’essere su di giri e a seguire il ritmo. Ad ogni modo, si ha la netta impressione che The Alchemist’s Euphoria sia il disco che Pizzorno avrebbe sempre voluto realizzare, e che sia riuscito a rendere realtà soltanto dopo essersi caricato la band sulle (larghe) spalle. Infatti, si può facilmente suppore che tracce martellanti e piene di luci stroboscopiche come Rocket Fuel difficilmente avrebbe fatto presa su Meighan, anche se la sua voce avrebbe senza dubbio elevato tracce dallo stile a lui più congeniale quali The Wall e in parte T.U.E (The Ultraview Effect).
Il settimo lavoro discografico dei Kasabian tiene fede alla sprizzante euforia di Pizzorno e soci, con il fondatore della band calato alla perfezione nelle vesti di energico mattatore, grazie alla quale ha reso meno amara (ma non meno evidente) l’assenza del buon Tom, di certo non un musicista qualsiasi. Quello che si avverte maggiormente è però la mancanza di una vera hit di qualità, ovvero brani capaci di restare negli annali come lo erano stati ai loro tempi L.S.F., Underdog e stevie.
Alle fine The Alchemist’s Euphoria è un disco comunque propositivo e dotato di una certa freschezza musicale, sicuramente euforico grazie alla creatività di Serge, ma che sembra aver smarrito l’alchimia dei bei tempi andati.
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23/08/2022 -
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