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Sorry
Anywhere But Here
2022
di Angelo Bianco
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“Anywhere But Here”, seconda fatica discografica dei Sorry (duo inglese formato dagli amici di lunga data Asha Lorenz e Louis O’Breyen) dopo l’apprezzabile ma non estatico battesimo di fuoco di “925” pubblicato nel 2020, è uno di quegli album dove l’estetica audiovisiva è più curata di quanto potrebbe raccontare una copertina piuttosto minimal.
Musicalmente perché la vena indie a metà tra rock e pop lo rende di facile ascolto, efficace e gradevole nel rinnegare superflue dietrologie filosofiche, lasciandoti in testa motivetti da canticchiare nella loro semplicità lirica. Visivamente perché i quattro videoclip di accompagnamento ai singoli appaiono piuttosto ricercati per i non iperbolici standard attuali, tra le ironiche scene di vita notturna di uno strambo condominio e le (apparentemente sconnesse) immagini racchiuse tra quattro mura. L’inizio è poi di quelli belli scoppiettanti grazie a “Let The Lights On” che accende i riflettori su un brano ritmato, eccessivo ma non troppo di richiami e rumori di sottofondo tra dichiarazioni d’amore e fabbisogni affettivi, seguito dalla più placida “Tell me” che cresce sulla distanza e vede l’alternanza e la sovrapposizione vocale tra i due musicisti britannici mentre salgono prepotentemente in cattedra chitarre distorte e martellanti percussioni.
La mutevole atmosfera di un’affascinate Londra prettamente by night risuonano tra i bassi emotivi di “Key To The City” e l’eleganza di “Willow Tree”, un pregevole intermezzo tipico di quei circoletti underground dove puoi ascoltare del buon blues con venature di modernità. Il segmento centrale si apre con il romanticismo disinteressato di “There's So Many People That Want To Be Loved”, facilmente candidabile a miglior traccia dell’intero disco, per poi chiudersi con la depressione-fatta-canzone di “Closer”, dove l’arrendevole mestizia si riflette unicamente nel testo e non in un tappeto sonoro che con vigoria prova a non demorde con un crescendo davvero niente male.
Le battute finali dell’album riservano atmosfere più intimamente pop, dove il senso di smarrimento di “Screaming in the Rain” si pone perfettamente al centro dell’acusticamente accattivante sonorità di “Quit While You're Ahead” e il dismesso saluto di “Again”, in cui la docile voce della cantautrice inglese regala un ultimo, malinconico brivido lungo la schiena. Anywhere But Here dei Sorry è la sorpresa che sotto sotto un po’ ti aspetti ma che, musicalmente parlando, riesce a meravigliare ugualmente poiché rappresenta un lavoro migliore e più ambizioso di un album di debutto comunque positivo. E anche se nessuna delle tredici tracce fa gridare al capolavoro, sebbene sia difficile trovarne anche soltanto una in grado di rappresentare l’anello debole del disco, Asha Lorenz e Louis O’Breyen sono riusciti a dar vita a un’esperienza sonora tutt’altro che passeggera e destinata nei mesi a venire a perdurare nelle nostre playlist.
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17/10/2022 -
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