|
Dopo la pubblicazione di “A Common Turn” , ottimo esordio, e di un eccellente e.p. intitolato “ These Dreams”, entrambi del 2021, ecco che anche per Anna B. Savage arriva l’attesa prova del secondo album.
Ebbene, abbiamo a che fare con un disco straordinario, un qualcosa che ti si cuce addosso, che va a toccare zone importanti, quelle solitamente chiuse al pubblico, in cui si racchiude la tua sensibilità, per non staccarsi più. Il disco si intitola “inFLUX” e mette in risalto l’evidente crescita della “vocalist” londinese, figlia di due cantanti di musica classica. Il “songwriting” è diventato ancora più consapevole e maturo, risultato di un percorso terapeutico nel corso del quale - proprio attraverso la musica - è riuscita a superare almeno in parte insicurezze e paure. Anna B. Savage ha sofferto di una nevrosi denominata “sindrome dell’impostore”, un disturbo mentale che la portava a denigrare i suoi stessi successi.
Questo suo nuovo album è un viaggio musicale che parte dalla sfera intima del suo essere donna, dalla sua persona e va ad abbracciare tematiche più generali, come il rispetto della natura, per esempio, o le conseguenze di un amore. Il merito di questo percorso va senz’altro condiviso con Mike Lindsay (ex Tuung e Lump), il musicista che ha prodotto l’album e che ha interagito con Anna B. una volta in studio. Nascono così i dieci brani originali di “inFLUX”, le nuove canzoni che riescono a dare una forma compiuta a quel “flusso di coscienza” (tipico di J.Joyce e della Woolf) che è ancora oggi l’esercizio mattutino di Anna B. Savage. Sotto il profilo musicale il discorso è orientato verso un “folktronics” di pregevole fattura, che permette a ballate acustiche semplicemente struggenti come “Say My Name” e “Touch Me” di arrivare al cuore di quanti si pongano all’ascolto.
La voce di Anna B. è la chiave di tutto: così profonda, a tratti epica e altamente drammatica, accompagnata da arrangiamenti di rilievo e sempre abbinata ad un impianto lirico veramente notevole. Una miscela potente che si riversa su altre composizioni come “The Ghost”, il primo singolo, caratterizzato da un “refrain” piacevolissimo, come “Pavlov’s Dog”, il secondo singolo, che ci presenta una chiave ritmica pazzesca, con basso e batteria sempre in evidenza, e come “I Can Hear The Birds Now”, altra ballata preziosa che - insieme a “Hungry” e a “The Orange” - fanno di questo disco un evento speciale.
Rispetto ai suoi lavori precedenti, diminuisce l’ansia, c’è una migliore accettazione di sé, della sua vulnerabilità e dell’ignoto. Le emozioni vengono canalizzate diversamente, non si avverte solo negatività o sofferenza all’ascolto. C’è una maggiore tranquillità che - unita ad una ritrovata determinazione - conferisce al nuovo album integrità e forza. Anna B. si sta riprendendo: le difficoltà, le disillusioni, gli errori non sono più una questione insormontabile.
La musica è di fatto la sua terapia e - dopo aver ascoltato questo album - sono certo che starete meglio anche voi.
|