Il problema fondamentale: è possibile non adorare Ira Kaplan, Georgia Hubley e James McNew, la musica che continuano a produrre dopo quasi quarant’anni di carriera, e la modestia e la riservatezza che ne hanno caratterizzato il lungo percorso nell’industria discografica?
Una venerazione meritatissima guadagnata sul campo, LP dopo LP, che però non dovrebbe impedire anche al fan più devoto di cogliere gli eventuali passi falsi (come il fiacco “There's a Riot Going On” del 2018) compiuti ogni tanto dalla band.
Non un brutto album, “This Stupid World” è tuttavia, per lo più, privo di pezzi davvero degni di essere ricordati, anche se, in quanto opera degli Yo La Tengo, ha ottenuto a prescindere recensioni estremanente positive (un trattamento analogo a quello riservato all’ultimo lavoro dei Pixies).
I testi manifestano sconforto, disillusione; stati d’animo prostrati da incomunicabilità e da un’indefinibile sensazione di precarietà.
Poca euforia, dunque, in scaletta: lo sferragliare delle chitarre di “Sinatra Drive Breakdown”, che accennano accordi o inizi di assolo, dando l’idea di qualcosa di incompiuto annegato in una distesa di feedback; la movimentata “Fallout”, con linee vocali stratificate lasciate sullo sfondo.
Per fortuna, il gruppo stavolta non infligge brani prolissi, né si trastulla con composizioni sperimentali. Non dotati di grande attrattiva “Tonight’s Episode”, “Brain Capers” e “This Stupid World” fanno risaltare la flemma psichedelica di “Until It Happens” e gli arpeggi di “Apology Letter”.
Spiccano in particolare le ballate, che meglio rispecchiano gli umori del disco. La dolcezza del canto della Hubley scalda il cuore nella mesta “Aselestine”, e soprattutto in “Miles Away”, vertice dell’album posto in chiusura, quando i clangori si sono spenti, la musica si dissolve lentamente, e il riferimento al dolore ineluttabile che segna la vita è bilanciato, forse, dallo scorgere un barlume di speranza
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