Sedicesimo album in studio per gli Swans, il progetto musicale di Michael Gira, artista americano controverso, mosso da elementi oscuri con i quali peraltro si trova benissimo e ci dialoga quotidianamente.
Gira è sempre molto preciso e tagliente quando va a indagare le storture della società Occidentale e il male del vivere che attanaglia quanti hanno provato a farne parte. Il nuovo disco dei suoi Swans si intitola “The Beggar” ed è stato registrato al Candy Bomber Studio di Berlino durante il “lockdown”. Oltre ai componenti storici della band hanno dato il loro contributo in sala di incisione elementi degli Angels Of Light, come Larry Mullins (ex batterista di Iggy Pop). Invitato come “special guest” anche il noto compositore di musica elettronica Ben Frost, australiano di nascita ma islandese di adozione. L’ambientazione del disco non si discosta molto dalle ultime produzioni di Michael Gira ma - in un certo senso – va oltre, le supera in quanto a senso di claustrofobia, ansia esistenziale e malessere.
Un’opera che non si pone il problema di intrattenere, al contrario un disco volutamente “dark”, sperimentale e complesso destinato a quei coraggiosi che cercano ancora, anche nella musica, che vogliono altro, che non si accontentano di quello che passa il convento. Un album intenso che alterna momenti acustici a dissonanze e frastuono, un disco che si offre all’ascolto in forme diverse come quegli “spoken word” di Michael Gira, 69 anni compiuti, che si chiede se si sente davvero pronto a morire. Il disco si ascolta senza fare altro: tutt’al più potrete tenervi la testa fra le mani e riflettere. La musicalità degli Swans è un “unicum” che scorre compatto, che si impossessa della vostra mente e fa vibrare il vostro corpo dopo pochi minuti, il resto lo trascorrerete come se foste “in trance”. L’album si apre con “The Parasite” una ballata acustica con uno sviluppo assolutamente drammatico, prosegue poi con “Paradise Is Mine”, un pezzo inquietante che inizia con il suono delicato di una chitarra per poi trasformarsi in un crescendo ipnotico, dai battiti cadenzati e pesanti. “Michael Is Done” è un piccolo capolavoro di sperimentalismo acustico, mentre “The Beggar”, la “title track” inizia con quel minaccioso “I’m Sick Of You” che sembra un omaggio a Iggy Pop (fra i 2 artisti americani c’è molto rispetto) e continua poi su un sentiero che è altamente rumoristico, martellante e angoscioso.
Algida e corale risplende “No More Of This”, che sembra un brano dei primi Velvet Underground, dall’incedere più desolante invece “ Why Can’t I Have What I Want Anytime That I Want” , una invocazione disperata ad un cielo nero, che non ascolta. “The Beggar Lover (Three)” è una composizione lunghissima , quasi interamente strumentale e volutamente irritante, anche “The Memorious”, che chiude il disco, non si discosta molto dal brano precedente: due note ripetute all’infinito, in maniera turbolenta e ossessiva , con la voce di Michael Gira che viene accompagnata da cori ancestrali, presi in prestito dall’oltre tomba.
Album fantastico, ma adatto a pochi e non consigliabile di certo agli spettatori del festival di Sanremo.
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