Ascoltare e leggere “Schiena dritta per Gianmaria Testa” significa uscire dalla solitudine diventando consapevoli della nostra interiorità. Il CD-libro che Paolo Gerbella e Guido Festinese hanno realizzato per l’editore Squilibri è un raro esempio di comunicazione musicale partendo dalla volontà di ricordare Gianmaria Testa non con un collage di cover – come si abusa nei tributi ai grandi artisti- ma con undici canzoni inedite di Paolo Gerbella, con i racconti del giornalista scrittore Guido Festinese e le immagini di Maurizio Logiacco le cui foto, pur presenti nel libro CD, faranno parte dell’ossatura dello spettacolo in giro per l’Italia.
“Un uomo con la schiena dritta non è un tronco disseccato”, scrive Festinese, “è un uomo che si sa chinare per accarezzare un cane, un bambino, un gatto. Un uomo che riduce il precipizio dell’altezza al colpo d’occhio circoscritto che hanno le creature più piccole”. Questo era Testa, un cantautore che in un giorno fausto della sua vita artistica si esibì all’Olympia di Parigi mentre in Italia era praticamente sconosciuto. Se Piero Ciampi pretese che sulla sua carta d’identità un impiegato del Comune scrivesse professione poeta, Testa era per tutti un ferroviere, capostazione a Cuneo. Aveva scritto pagine importanti, apprezzate da subito in Francia e in Germania dove – è evidente – la cultura musicale è diversa; in Italia il riconoscimento sarebbe giunto più tardi.
Il treno e le stazioni che facevano parte della sua vita quotidiana sono stati ripresi da Paolo Gerbella come metafora della vita di chi, come Testa, aveva lo spirito di Ulisse, quella voglia di conoscenza di luoghi e soprattutto di anime, non solo quelle che poteva incontrare nella nebbia di Cuneo. Un lavoro curato nei dettagli, ben arrangiato da Paolo Priolo, impegnato anche al contrabbasso, e Julyo Fortunato, maestro della fisarmonica, suonato con le chitarre acustiche di Gerbella e Giole Mazza, la classica e il mandolino di Laura Marsano, la batteria di Enrico Simonetti, il piano di Rossano Villa cui si aggiungono i delicati fraseggi di Paolo Fresu alla tromba e al flicorno. Pochi strumenti per molta musica che si sposa alla voce e ai testi di Gerbella, cantautore genovese noto ai lettori di Extra Music Magazine per due precedenti importanti lavori: La Regina e Io Dino, ispirato, quest’ultimo, alla biografia romanzata del poeta Dino Campana scritta da Sebastiano Vassalli.
Ecco, se un cantautore deve entrare nel personaggio che descrive, così come accadde per Campana, Gerbella si cala perfettamente nella poetica di Gianmaria Testa. E se Campana ha pagato in vita la “colpa” di non essere un poeta come gli altri del suo tempo, forse anche Testa ha dovuto scontare lo stesso destino. Di tutto resta un poco, scrive Festinese citando Antonio Tabucchi, ma certe persone, come Gianmaria, hanno il dono di far decantare il peso delle parole. Parole che costruiscono “muretti a secco di poesia”. Se Testa ha cantato il valzer di un giorno, Gerbella ci restituisce il tango di una vita e avvicina i giovani a chi cantò di uomini e donne, partiti da un porto dell’Africa e scaricati come zavorra su una spiaggia della Puglia. Clandestini che avevano il passo lento, silenzioso, accorto dei seminatori di grano: “Non ho scritto per loro” avvertì Testa, “ho scritto per me e per quelli che, come me, stanno da questa parte del mare”.
È lo stesso lato umano che Gerbella e Festinese mostrano con la schiena dritta di chi sa dove andare.
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