Dopo le avventure sonore di “Freedom's Goblin”(2018) e le anime acustiche di “Hello, Hi” (2022), torna Ty Segall, col suo quindicesimo album, “Three Bells”. Il disco custodisce l'interessante profondità cangiante e variegata del sound che spazia tra distese elettriche e derive acustiche, elaborazioni cerebrali e spontaneità casuale, attimi di morbidezza e momenti di ruvida energia, di amore e violenza.
Il tocco della sperimentazione di Ty Segall si muove selvaggia all'interno di un affascinate e mutevole universo sonoro, scandagliando lo psych-rock, lambendo il garage-rock, esplorando il folk-prog, girovagando in territori più heavy. Nasce così una fotografia musicale che sembra scattata a cavallo tra i Sessanta e i Settanta, ma con quel piglio “digitale” più contemporaneo.
Il disco è stato co-prodotto da Cooper Crain e, come il precedente “Hello, Hi”, Ty Segall si avvale della collaborazione della moglie Denée, in fase di scrittura e alla voce, e della Freedom Band. Ci si lascia facilmente coinvolgere da questo bizzarro, imprevedibile, polimorfo, quanto raffinato, flusso di coscienza sonoro già a partire dai vortici di “The Bell” e dalle dissonanze di “Void”. L'incedere di “My Best Friends” è contagioso, un po' come il suo videoclip girato e diretto dallo stesso Segall, che vede come co-protagonisti i suoi cani. Ci sono poi le onde spirali di “Reflections”, la dissennata acidità di “Eggman” e la ninna nanna sghemba di chiusura “What Can We Do.”
Un album che sembra rispecchiare appieno l'imprevedibilità folle ed eccentrica del subconscio, quello che nei contenuti lo stesso Segall ha affermato di voler esprimere e assecondare. “Three Bells” è dunque un'esplorazione in musica di sé stesso, tra schiaffi e carezze, delusioni e dolcezza, ma in fondo sembra essere anche lo specchio di un'interiorità più ampia e globale, e nell'eclettismo stratificato del sound riesce a trovare la sua affascinante consapevolezza.
“To realize, to be alive The point where we begin and die There is no separation My three bells inside”
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