Cosa fa girare il mondo? Semplice: un giro di basso, un riff di una chitarra, una melodia su un pianoforte e una scenografia decorata dall’effetto straordinario di led che intensificano l’idea di un interprete. A illuminare i nostri ricordi, le nostre emozioni, a insegnarci ad associare gli spazi temporali alle nostre trasformazioni sono le stelle . No ,qui non parliamo di scienza, non parliamo di astrofisica, parliamo di astri che attraverso la loro musica , comunicano che si sale perché si soffre insieme , che si piange insieme , che ci si diverte insieme .
Per capirlo, percorriamo un viaggio nel tempo, schiantandoci nelle diverse epoche , definite da mode , attitudini e artisti che hanno affiancato , ascoltato , solidificato le nostre metamorfosi . Anni ‘70 : artisti come Donna Summer o Diana Ross portano il pubblico ad allontanarsi dalle tristezze , invitandolo ad abbandonarsi nella danza , sotto le note della Disco Music . Anni ‘80: la parola importante qui è POP. Qui non esiste solo la danza, non esiste solo lo strumento musicale, non esiste solo la voce. Qui, esiste un mix di tutto questo che ha un duplice impegno: la spensieratezza e la riflessione. Esatto, perché è proprio questo mix persone come Micheal Jackson e Madonna illuminano i testi e portano l’ascoltatore nelle dimensioni più profonde dell’introspezione.
Ora, però, sono arrivati gli anni 2000. Adesso il padiglione delle musica accontenta tutti. Accontenta chi trova energia nella dance music dei Jamiroquai, nel pop di Madonna o Britney Spears, nel rap che infondo ci fa comprendere che la divisione tra New York e Los Angeles si è risanata davvero dopo la morte di Notorious Big e Two Pack . Ma c’è un genere che ancora non è illuminato da anni, qualcosa che vale ma ha troppa polvere e deve essere ripulito, parliamo di un certo Country che negli anni ‘60 regalava l’adrenalina in Tennessee con June Carter e Johnny Cash. No , non si può portare sul mercato un genere simile, ci perderebbero tutti. Ma se lo rimodernassimo sotto una luce pop? Se fossimo in grado di riportare quel genere nel presente e spingerlo avanti segnando un’altra EPOCA?
A rispondere a questa domanda è un’etichetta La Big Machine Records che inizia a crederci. Nel loro “ufficio” si presenta una ragazzina di diciassette anni, dice di chiamarsi Taylor e conferma che ci crede in questo nuovo genere rivisitato. Porta una demo di un singolo, scritto con la sua amica Liz Rose, intitolato come il suo idolo, esponente della country music: Tim Mcgraw. Un testo dove il ruolo della musica è diverso, non ti porta a danzare, ti porta ad ASSOCIARE. Associare degli accordi di un artista country come Tim Macgraw a un amore che non c’è più, che vive di sorrisi che si sbiadiscono, ricordando la vivacità di un sentimento in una notte di estate.
Questa volta il mondo si ferma, siamo uniti dalla convinzione che è il buio a generare luce ed è il dolore a generare creatività. Né sono certi tutti, i giovani, e quella ragazzina che convince l’etichetta con la sua chitarra . Il 19 Giugno 2006 , viene pubblicato “Tim McGraw”, nella raccolta omonima Taylor Swift, vendendo oltre 1.266.000 di copie e aggiudicandosi disco di platino, totalizzando 275 settimane di permanenza nella Billboard 200.
Da quel giorno, la vita di Taylor Swift , si innalza , evolve battendo ogni record dal 2008, anno in cui il suo secondo album Fearless, si aggiudica il titolo di Album Country più venduto nella storia. Negli anni, però qualcosa cambia, gli esperimenti con la dance pop e il synth pop dal 2014 non deludono e valorizzano i record di ascolti come quelli dell ‘album “1989 “ o “Reputation” o “Evermore” che le regalano trionfi negli awards di MTV , Grammy e la prima posizione della Billboard hot 100.
Il 4 Febbraio 2024, non è una data qualsiasi per i musicisti e gli ascoltatori, è il giorno in cui per la prima volta un’artista vince quattro volte un Grammy awards per un album , “Midnights”. Ma non è questo l’evento, non è questo il vero contesto. C’è qualcosa che accade nel Backstage di quell’evento perché proprio in quel backstage Taylor prende la decisione di annunciare una novità, prima nelle sue pagine social, poi sul palco . La novità prende vita con una data e un titolo : “19 Aprile 2024”.
The Tortured poets Department Con un Syinth pop e un indie folk che ricorda il sound degli anni ’80 e con l’ausilio di nomi eccellenti della produzione discografica come Jack Antonoff, Aaron Dessner e Louis Belt. "The Tortured Poets Department” inizia con una traccia che introduce e anticipa lo struggimento di quel tipo di amore che consuma e deteriora, presente in tutto l’album.
Come sempre, l’artista più influente della scena musicale odierna stupisce variando il suo stile musicale e discostandosi dal pop dell’ultimo rilascio (1989), mischiando più generi all’interno di una collezione di 31 canzoni. L’impronta del vintage anni ’80, con i suoi vinili e i suoi juke-box, diventa acqua per il terreno in cui è germogliato questo album. Il trasporto armonioso verso un tempo che ormai, essendo andato, non può più tornare, rende l’uditore combattuto tra sentimenti di libertà o costrizione.
Sono frasi angosciose quelle pronunciate da Taylor Swift in collaborazione con Post Malone: “I love you, it’s ruining my life”, perché offrono un contatto esplicito verso quella ossimoricamente implicita e sofferta sensazione di dolore conseguente alla rottura di una relazione. Dopotutto, consumato così in fretta, in un paio di settimane, ha lasciato una ferita profonda che può essere rimarginata soltanto se si impara a lasciare andare. Ma forse è proprio questa la parte più complicata per la quale gli strumenti musicali della canzone rimarcano l’impossibilità di liberarsi delle catene dei ricordi, del tormento nato dall’amaro lasciato in bocca da una relazione conflittuale. Due settimane sono un tempo giusto per innamorarsi e poi lasciarsi grondanti di infinito e rammarico perché i rintocchi delle lancette hanno corroso la ogni istante rendendolo unico e intenso.
Florida!!! Non è solo il nome di una traccia, è un’imprecazione, un sospiro sofferto, una preghiera d’ascolto... Florida è ciò che serve a chi scrive per potersi allontanare da una sensazione malinconica e tormentata. Florida è come droga per fuggire al male interiore di chi sta cercando una soluzione per placare i propri demoni... la fuga diventa una soluzione impavida e costretta. Fa da sfondo alla canzone la dialettica tra accettazione del passato e continui rimpianti per come sarebbe potuta andare altrimenti. La voce di Florence and The Machine è imponente, un’altalena di colori e sensazioni che può essere inghiottita già dal primo ascolto. È l’esatta trasposizione di una sinusoide, di una macchina in bilico sul cratere del dirupo. Ci si dibatte interiormente tra il voler spiccare in avanti verso il futuro e il rimanere intrappolati nel passato.
Nel singolo “So Long, London” la nota è poetica e drammatica. Londra è l’ambientazione di questo testo sulla complicata e ricercata bellezza delle relazioni. Partoriscono con spontaneità e con una sommessa luce di freschezza, ma poi si ingialliscono come foglie secche e vanno lontane per la loro strada, rimanendo incastrate talvolta nei ricami del tempo. È questo che rende le relazioni così speciali, l’alternarsi delle stagioni che porta al momento più importante: l’accettazione di quel che semplicemente è esistito. Pare quasi commovente arrivare alla destinazione finale di una relazione e imparare ad accettarne i punti di forza e di debolezza. È così che Londra intende fomentare la stretta connessione tra la malinconia del tempo e i taglienti ricordi.
Chi ci da la certezza che si riesca a viaggiare tra i percorsi più introspettivi con un paio di cuffie? Questa rivista? i sondaggi dei magazine che testimoniano che esiste l’album più scaricato in ventiquattro ore? Domande difficili per una risposta semplice: “The Tortured Poets Department”
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