Uscito il 24 maggio 2024 Dopo tutto questo tempo, il nuovo album de “La Municipàl”, un lavoro che contiene anche alcuni pezzi già usciti precedentemente, un album di riflessione che ripercorre i passaggi importanti della vita dell’artista.
Si tratta del quinto album de La Municipàl, alias Carmine Tundo, che per un breve periodo ha coinvolto nella propria avventura musicale anche la sorella Isabella.
È difficile inquadrare i pezzi in un preciso genere musicale, la maggioranza potrebbero dirsi pop acustico, altri alternative rock. Sicuramente il filone portante dell’intero lavoro è dato dai testi che vanno a costituire una sorta di narrazione di quelli che oggi sono i temi e i protagonisti di una trasformazione sociale difficile da comprendere e da interpretare.
In questo senso i pezzi di Tundo sono una sorta di chiave sociologica, forse parzialmente inconsapevole, per la lettura di quel disagio rappresentato dal confronto di queste nuove generazioni con le responsabilità della vita, un disagio nel quale la musica diviene elemento salvifico per tutti, una musica che c’è sempre, anche nei momenti più disperati.
Già dal primo pezzo, “Il sesso fra ex”, oltre le sonorità ambientali e il riff di chitarra che apre la strada al canto, si percepisce la profondità di alcuni concetti: “il sesso fra ex ... infetta le ferite aperte”, a ricordare come il rivedere persone che abbiamo già incontrato sul nostro percorso di vita possa riaprire ferite emotive mai chiuse.
Mentre alcune, come “Odio cantare”, sono pezzi esistenziali, musicalmente allegri ma con testi che fanno molto riflettere (“Ho saputo che Gianni ha smesso di suonare / E anche Luca ha smesso di soffrire”), così come “Interrotti” che dopo l’introduzione data dalla chitarra, dai suoni synth e ambientali ci porta a una riflessione personale della realtà negativa nella quale ci si trova, una sorta di presa di coscienza “ci si sente sporchi // Quando facciamo male agli altri”, altri sono pezzi di denuncia che gli ascoltatori di età più avanzata dovrebbero ascoltare attentamente.
“Cemento” al di là dell’introduzione quasi sognante, parla di ragazzine che sono tristi “... E si perdono nei lunghi viali // Piangono negli ecomostri ... // E si perdono con gli occhi gonfi gonfi // Sopra i marcapiedi”. Nelle parole di Tundo, che poi proseguono con “Quanto mi costa restarti accanto // E fare finta di non sapere che // Che sei da qualche mese in terapia // Che come me hai qualcosa che non va più via” si racconta di realtà sociali capaci di generare fatti agghiaccianti come quelli di Caivano, una delle realtà di periferia degradata più nota alle cronache dello spaccio su vasta scala e della pedofilia.
Insomma “Cemento” è un pezzo di vera e propria denuncia sociale, complesso e profondo, che si collega all’altro, “Odio cantare”, con una intro molto spinta, allegra, dove il testo fa comprendere come le vicende quotidiane di chi resta in questi luoghi, si mescolano con quelle di chi invece se ne va.
Ma Tundo non è un pessimista e lo si comprende dal pezzo “Giacomo” che, al di là dell’apparente tristezza, è un inno di speranza dopo una doverosa riflessione sulla collezione dei fallimenti personali.
Musicalmente interessanti “Les yeux de”, pezzo molto breve, bello con quel piano detune che fa partire un arpeggio sul quale i violini synth innestano il motivo e che quasi fa da introduzione al successivo “Le hit estive” che ha un inizio che ricorda la musica di Vangelis.
Spesso le parole usate dall’artista sono pesanti e crude, come in “Volevo solo parlarti”, dove dice “Cazzo forse mi son pisciato sotto”.
Parole che però dipingono la realtà sociale per quel che è e dove, al di là della grevità delle frasi, nascono comunque sentimenti delicati, descritti dalla ricerca di una qualsiasi scusa per parlare con lei.
L’artista è molto abile con le parole e riesce a rendere in modo emblematico alcune situazioni, come in “Maledetto maestrale”, dove rappresenta l’allontanamento di una coppia con la metafora delle monetine che lasciate fra le fughe di un divano svaniscono dietro al cuscino, ma anche in “Le antenne”, altra canzone di situazione sociale, dove rappresenta la noncuranza collettiva in modo magistrale (“E mentre tutto crolla e fai finta di niente”).
La title track “Dopo tutto questo tempo” narra di un rapporto di amore che travalica la lontananza e le circostanze, una canzone molto bella.
Infine “60 secondi di noi” un pezzo che dura effettivamente un solo minuto, piacevole con quel suono di piano detune e altri suoni che via via si innestano per lasciare alla fine una ultima nota di piano che, ripetuta, rimane poi nell’aria a oltranza, un punto fermo per tutto l’album.
In sintesi l’album di Tundo è molto bello e se pur derivato da esperienze personali dell’artista, suscita momenti di riflessione profonda per l’ascoltatore che sappia intravedere dietro le situazioni rappresentate uno stato d’animo che non è personale, ma di un’intera generazione, una sorta di spleen che a differenza di quello di Charles Baudelaire, è più feroce, esiziale, crudo, ma peraltro non si chiude nella propria arte musicale e diviene denuncia sociale.
Tracklist Il sesso tra ex Cemento Odio cantare Interrotti Giacomo Le hit estive Les yeux de Volevo solo parlarti Maledetto maestrale Le antenne Dopo tutto questo tempo 60 secondi di noi
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