Piero Pelù (all'anagrafe Pietro Pelù) nasce a Firenze il 10 febbraio del 1962 e ce ne ha regalati molti di successi da quando è partita, nell'autunno 1980, la carriera di rocker e leader dei Litfiba. Figure chiave della formazione sono Ghigo Renzulli (chitarra), Gianni Maroccolo (basso) e Antonio Aiazzi (tastiere). I primi Litfiba si rifanno al viaggio intrapreso da Piero nella Londra degli anni '80 e sono prevalentemente dark wave mentre per tutti gli anni '90 i Litfiba si riproporranno con un alternative rock che è anche pop-rock d'autore.
Dal 2000 in poi il gruppo si scatenerà fra rock latino, pop rock, new wave e latin metal e questa commistione di generi creerà un marchio talmente solido e di qualità da far vincere al leader Pelù, per tre volte, il premio Lunezia (nel 2004, nel 2014 e nel 2020). Obiettivo dichiarato della band è quello di “un rock italiano cantato in italiano”. Nel 2016 vincono il Premio De Andrè alla carriera e nel 2020 il Premio MEI (Meeting Etichette Indipendenti) per 40 anni di carriera.
I Litfiba, a partire dal 1985 fino al 2016 hanno pubblicato 10 album, frutto dei quali hit intramontabili come “”Il mio corpo che cambia”, “Vivere il mio tempo” e “Regina di cuori”. A partire dal 2000 Piero Pelù ha pubblicato 7 album da solista che i fan dei Litfiba non si sono lasciati sfuggire. I singoli più iconici di questi sette album sono “Io ci sarò”, “Toro Loco”, “Bene bene male male”, “Prendimi così”, fino ad arrivare nel 2020 al progetto La Trilogia del Disagio, cominciato con la pubblicazione dell'album “Pugili Fragili”.
Deserti, secondo capitolo di questa trilogia, esce il 7 giugno di quest'anno e i deserti che descrive l'album sono sia tangibili che metaforici, non sono solo luoghi dove ci si perde (e poi magari ci si ritrova) ma sono i deserti interiori di Pelù, dove vagare per giorni, mesi, anni. L'album si apre con l'intro “Porte” che ci prepara per bene al lavoro che ne seguirà. Il rock di Pelù è per certi versi un pop rock, per certi versi un soft rock, per molti versi di stampo Sanremese.
Si apre ufficialmente con “Maledetto cuore”, dai toni di un rock tipicamente italiano e prosegue con le hit “Picasso” che riprende i primi Litfiba, “Novichok”, dal sound new wave più moderno e scanzonato. “Elefante” è una ballata nostalgica che richiama alla perfezione i deserti del titolo dell'album ( Un elefante/ sta giocando contro il tempo/con una bambola di cristallo su di sé/dove ti porto/verso il deserto/a fari spenti/perché noi siamo due mine vaganti).
“Baby bang” ricorda le colonne sonore dei film polizziotteschi anni '70, mentre in “Baraonde” i toni si fanno più alternative e la voce di Pelù è più intensa e graffiante. “Scacciamali” è un tributo contro la guerra, dove l'intenso cantautorato tutto italiano si fonde alla grande con ritmiche rock dai toni profondi e incoscienti.
Chiude “Deserti” l'omonima hit, che inizia con le note tenui di un film di Ridley Scott e prosegue con i sussurri raggelanti di Pelù, per poi continuare sonnolenta e poi sfrontata come la colonna sonora di un film dai toni di Saw L'Enigmista o La casa dei mille corpi. È la perfetta chiusura di un lavoro che è durato quattro anni e che ci regala sensazioni forti ad ogni brano, che ci fanno sussultare e vagare assieme al suo autore per lande desolate e deserti infiniti per poi ritrovarsi ai bordi di un'autostrada di periferia a fare l'autostop. “Deserti” è un lavoro ben fatto, che ci ripromette un finale di questa Trilogia del Disagio ancora più svelta e raccapricciante. Ben fatto, Piero
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