Sau firma testi e musiche del suo secondo lavoro in studio, “Quanto mi costa la felicità”, avvalendosi, per gli arrangiamenti, del prezioso apporto del musicista e produttore Salvatore Papotto.
A distanza di qualche anno da “Qualche giorno dopo la luna”, che conteneva una sentita rilettura di Ho visto anche degli zingari felici, di Claudio Lolli, ed era incentrato sul tema del tempo, Sau torna con un altro concept, interrogandosi, questa volta, su uno dei sentimenti più controversi in assoluto, la felicità.
Controverso perchè è difficile spesso prenderne coscienza quando la si vive, ma anche perchè la felicità di uno è spesso la tristezza di un altro o di molti.
Matteo Sau, che ha lavorato con scrittori e attori per portare in scena reading-concerto e spettacoli teatrali, di cui ha curato le parti musicali sia attraverso la composizione di brani originali sia mediante la rilettura di brani già editi, ha la capacità di raccontare con onestà e misura storie comuni, cogliendo in ogni orizzonte ordinario una piccola luce di straordinarietà.
“Ho il passo felice di chi sa che può cambiare”- canta in Ingresso Tesserati, uno dei brani più belli dell’album: è una folgorazione, così come folgorazioni sono quell’ “eterni ragazzi che dormono sempre con la tristezza a portata di mano”, il metaforico schiaffo in faccia di Eggià, “Non pensare che mi piaccia ma negli addii non c’è poesia”, “La povertà che non mi fa invecchiare” di “Solito tango”. “Canzone della bella sorpresa” ha un che di impalpabile e misterioso, un soffio magico che la percorre disegnando un quadro domestico intimo ed emozionale.
Sorprendente l’arrangiamento di “Gina”, dal sapore
alternativerock (quasi una “Narcotic” dei Liquido).
Un disco da ascoltare e da avere anche nella copia fisica (un cd che “simula” il vinile; l’illustrazione di copertina, molto suggestiva, e l’artwork sono di Manuel Putzolu per MangioDesign).
Un disco che meriterebbe di essere preso in considerazione per le targhe Tenco; nel 2004, non a caso, vinse Samuele Bersani, con il quale Matteo Sau sembra condividere eleganza e spessore.