Uscito lo scorso 12 luglio 2024 “Paint a Room” (Hardly Art) l’ultimo album di Chris Cohen, compositore, cantante e polistrumentista californiano trapiantato nel Vermont.
Pur giovane (trentasette anni) ha già alle spalle una carriera musicale abbastanza densa, con all’attivo una decina di album come membro di vari gruppi e tre album personali: “Overgrown Path” (2012), “As If Apart” (2016), “Chris Cohen” (2019).
Con i pezzi del suo quarto album l’artista sembra distaccarsi abbastanza non solo dai suoi primi lavori, come “Rollercoaster Rider” in “Overgrown Path”, ma anche da pezzi più recenti, come “House Carpenter” in “Chris Choen”, facendo intravedere una maggiore maturità espressiva oltre che un forte collegamento stilistico fra i vari pezzi che compongono l’album.
Sicuramente in questo lavoro Cohen riesce a creare un ambiente musicale originale grazie alla sua capacità di produrre un tipo di musica che sembra letteralmente accarezzare l’ascoltatore, pare condurlo per mano all’interno del proprio mondo interiore.
In “Damage” primo pezzo dell’album, l’entrata dei fiati apre a un accompagnamento di chitarra e pianoforte sul quale si staglia la voce delicata di Cohen, che contrasta la crudezza delle parole “At the hospital / And the middle school / Anywhere you look / Someone's power over someone else…” che ricordano come i rapporti fra le persone alla fine sono spesso rapporti di potere.
“Paint a room”, la title track, ha una bella e lunga introduzione di flauti e nel complesso un arrangiamento veramente particolare, molto pieno, quasi orchestrale.
Il terzo pezzo, “Sunever”, un titolo che è anche un gioco di parole, era già stato rilasciato come singolo; si tratta di un brano a metà fra il rock e il folk che narra la storia di un bambino transgender, “always in between”, lasciando intendere che la vita è per tutti una successione di transizioni ma anche di nuovi inizi (“You’re gonna find a way”).
Nel complesso l’album è sicuramente un forte Intreccio di sonorità, a volte quasi sudamericane per non dire tropicali, come si rileva in modo particolare nella complessa armonia di “Cobb Estate” che può risultare talvolta quasi dissonante a un orecchio non abituato, il pezzo probabilmente più complesso dal punto di vista armonico, in contrapposizione con “Laughing” più tranquilla, forse più ancorata a canoni armonici che si avvicinano a Milton Nascimento.
Chiude l’album “Randy Chimes”, con una batteria suonata in modo molto semplice e foot splashes dello hit hat molto ampi, e improvvisi cambi di ritmo, una sorta di cantilena progressive rock con influenze da una parte jazz dall’altra sudamericane.
L’approccio sonoro di Cohen è sicuramente originale e capace di suscitare nell’ascoltatore sensazioni inusitate che da una parte rimandano a pezzi anni ‘80/’90, come i riff del synth e flauti in “Phisical Address” che vagamente ricordano alcuni pezzi di “Foxtrot” dei Genesis, dall’altra si proiettano nel futuro.
Un album da meditare, oltre che da ascoltare, un ponte verso il futuro musicale di un artista che ha ancora molto da regalare all’ascoltatore.
TRACKLIST Damage Paint a Room Sunever Cobb Estate Laughing Wishing Well Dog's Face Night or Day Physical Address Randy's Chimes
LINE UP: Chris Coen voce, Davin Givhan basso, Josh da Costa batteria, Jay Israelson tastiere, Jeff Parker arrangiamenti fiati in “Damage”, Josh Johnson arrangiamenti flauto, sax e clarinetto
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