Che suono possono avere la distruzione e la morte in musica? C’è davvero bisogno di parole per descrivere la violenza e l’orrore?
Siamo di fronte al quesito di partenza da cui prende spunto il nuovo album dei canadesi Godspeed You! Black Emperor, la band di “post rock” con fragorose incursioni nel campo del “progressive metal” che non ha mai mancato di sorprenderci nell’arco degli ultimi anni. Il disco si intitola "No Title As Of 13 February 2024 28,340 Dead", una affermazione tanto semplice quanto potente che mette in evidenza con crudezza la data del 13 febbraio 2024, giorno in cui i morti ufficiali di Gaza erano 28.340.
I musicisti del collettivo canadese sono sempre stati sensibili alla causa palestinese fin dai tempi di “Yanqqui U.X.O.”, album del 2002 che inneggiava all’Intifada, alla rivolta contro Ariel Sharon, generale israeliano diventato Primo Ministro nel 2001. Adesso, di fronte alle notizie provenienti da Gaza, davanti alle immagini trasmesse dagli inviati in zona di guerra, hanno pensato di comporre uno spartito assolutamente tragico, che avesse come tema principale il dolore.
Questo il loro segnale di protesta, questa l’espressione del loro dissenso che si manifesta in un diluvio di note che vanno da arpeggi acustici classicheggianti ad un crescendo epico devastante, che trova sfogo in esplosioni metalliche, in schegge sonore terrificanti che testimoniano al tempo stesso l’impotenza e la rabbia. L’album non ha un vero titolo, ha solo una data, è volutamente laconico, in rispetto delle miglia di morti fra i palestinesi.
Sei composizioni per cinquantaquattro minuti di una musica liberatoria e totale, drammaticamente bella e penetrante, che racconta in musica la pura verità dei fatti. Un disco solo strumentale che parla però ai cuori di quanti lo ascoltano: il tuono dei cannoni, corpi che cadono sotto le bombe, iniziali frammenti melodici che vengono ben presto sovrastati dal caos, dal fragore. Composizioni come "Sun Is A Hole Sun Is Vapors" e "Babys In A Thundercloud" sono caratterizzate da lunghe esplorazioni di fraseggi chitarristici che diventano via via più letali.
“Raindrops Cast In Lead”,“Broken Spires At Dead Kapital” e la solenne “Pale Spectator Takes Photographs” evocano paesaggi cupi, luoghi desertici all’interno di un incedere epico in cui partiture di violino si innestano sui potenti “riff” delle chitarre elettriche. "Grey Rubble - Green Shoots" con quei quartetti d’archi in cerca di una melodia, di arpeggi incantevoli che però si risolvono in lacrime.
La dissonanza eletta a simbolo della tensione si mescola con l’angoscia di chi è testimone di crimini di guerra che resteranno impuniti. Un senso di tragedia pervade l’album. Un disco intriso di un fragore tale da risvegliare le coscienze di noi Occidentali, che restiamo come impietriti di fronte a tutto questo. Un lavoro che sembra possedere un’anima “ambient”, in grado di sovrastare ogni asperità, ma che inevitabilmente si piega all’orrore, alla fine di ogni speranza di pace.
Album di rilievo, da ascoltare ad alto volume, anche rischiando provvedimenti disciplinari dal condominio.
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