Con quasi mezzo secolo di carriera alle spalle, Bob Dylan non è altro che uno dei più grandi mostri sacri della musica contemporanea. E in questo caso si è come dire "permesso" un esperimento vagamente fuori dal comune. Vagamente perché non è di certo il primo a cimentarsi nelle arie natalizie, argomento che piace indipendentemente da quale genere si suoni: che sia rock, jazz, metal, soul, o r'n'b. Probabilmente ciò è dovuto ad un'irresistibile fascino di certe atmosfere, mista ad una indiscutibile attitudine all'arrangiamento e alla rivisitazione, senza contare quanto il tutto funzioni nell'ottica invernale, proponendosi come un singolare quanto blasonato fenomeno di populismo artistico.
Ma al di là di questi aspetti poco interessanti dal punto di vista pragmatico, se amate Dylan, o più umilmente desiderate una piacevole atmosfera di sottofondo per scartare regali e cenare con i parenti, "Christmas In The Heart" appare come un ottimo investimento. Il Maestro non fa altro che usare tutto sè stesso per proporci una caldissima versione di quindici brani (qualcuno celebre, qualcuno meno) che più e più volte abbiamo apprezzato nelle classicissime versioni ampiamente propinate. La cosa effettivamente piace, anche perché ad "interpretare" c'è Bob Dylan e la sua inconfondibile voce, ricca di passione, vibrazioni profonde, vissuta, graffiata ma dolce. Il rauco e la tendenza baritonale aiutano molto il lavoro, conferendogli virilità e vigore quanto un invidiabile appeal. Dal punto di vista più squisitamente musicale la chiave di lettura è il folk di matrice dylaniana, fieramente macchiato da blues, country, spruzzate di swing e ritmiche il più delle volte leggere dai colori tiepidi.
Il disco si apre con "Here Comes Santa Claus" e il solito scampanellio di rituale, per poi lasciar spazio ad un intrepida cavalcata country-blues, allegra, diretta, godibile: un'ottima presentazione. Proseguendo, "Do you Hear What I Hear" rilassa in una marcetta pacata, mentre "Winter Wonderland" trascina in un ritmo decisamente divertente, dove, nella più schietta semplicità del tutto, non va affatto sottovalutato il meritevole lavoro d'arrangiamento e l'eccellente missaggio. Al quarto pezzo ci si rende conto senza troppe difficoltà che il disco durerà poco, dato che in sette minuti scarsi ci siamo già mangiati tre brani. Il che non deve stupire: la media del disco è di circa due minuti e mezzo a pezzo, piuttosto poco in effetti, anche se certi motivetti appaiono più plausibilmente efficaci se trattenuti in arrangiamenti tirati, diretti e onnifruibili, rispetto a prolisse e inutili ripetizioni. Dunque "chapeau" a Bob Dylan. Nel quarto momento si colloca una perla della tradizione natalizia: "Hark The Herald Angels Sing", decisamente fedele all'originale, tranne che per la voce dura e affaticata, mangiata dall'alcool e dal tempo, abilmente contornata dai delicatissimi cori di fondo. "I'll Be Home For Christmas" porta con sè un ulteriore calore, con ritmi placidi e quasi sonnolenti, in grado veramente di visualizzare fiocchi di neve e decorazioni colorate, una capacità evocativa che appare come il merito assoluto di questo album. "Little Drummer Boy" (un altro classico) richiama molto quello stile da cantautore che Dylan non ha mai perso in tutta la sua carriera artistica, composto principalmente dall'inossidabile vena interpretativa delle sue linee vocali. Qui si presenta in una delle tracce migliori del suo ultimo lavoro, dai toni malinconici quanto distesi. E finalmente con la settima canzone Dylan tira fuori un po’ di blues, dalle sfumature amare e sofferte, propriamente swing nella cadenza e nei passaggi armonici, di una delicatezza e classe sopraffina: "Christmas Blues" rende tanto e bene, probabilmente il brano più accattivante e penetrante del disco. Detto questo, “O Come All Ye Faithful (Adeste Fideles)” non necessita di presentazioni, essendo una delle canzoni più universali quando si parla di Natale, e qui Dylan fa semplicemente il suo lavoro. L’episodio successivo è il più longevo dell’album, “Have Yourself A Merry Little Christmas”, con i suoi quattro minuti abbondanti, emozionanti, notturni, mentre a spezzare il torpore “Must Be Santa” interpone un’adrenalinica e vivace danza, dai massicci richiami popolari-folk. “Silver Bells” e “First Noel” propongono nuovamente prevedibili quanto efficaci rivisitazioni, facendoci giungere piuttosto serenamente alla title-track, ennesima ninnananna, dolce e pittoresca. Il disco si chiude con un’accezione vagamente spirituale, “O Little Town Of Bethlehem”, morbido finale dove il cantautore statunitense si cimenta in un connubio fra voci bianche e durezza interpretativa, una sorta di sacro-profano che ammalia per tutto il lavoro.
“Christmas In The Heart” è il quarantasettesimo album (contando quelli in studio e non) di Bob Dylan, e ci arriva nell’autunno 2009 presentandoci un cantautore ancora attivo, pieno di sè e del suo ego artistico. L’esperimento è buono, divertente e piacevole, soprattutto alla luce dell’ottica umanitaria che l’autore stesso si è prefissato (gli incassi verranno indirizzati a diverse organizzazioni di beneficenza, prima fra tutte la Feeding America), e che da sempre ha contraddistinto la sua indole di "poeta della pace". Che dire dunque: Un lavoro rapido, ben suonato e facile da apprezzare.
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