Nuove nuvole si addensano nei cieli musicali: bianche, impalpabili, rompono gli schemi con note soft e leggere come vapori. New Clouds, di White Rainbow, propone una nuova percezione del suono (di stile kraut), una novella versione di musicalità che rompe gli schemi e si fa De Chirico del pentagramma.
Unendo suoni tribali a melodie lievi e artificiali, le quattro canzoni che compongono l’album, propongono nuove frontiere del suono; arricchiscono di forme inconsuete lo scenario musicale, frantumano le barriere del precostruito raggiungendo diversi livelli di coscienza.
Tuesday Rollers And Strollers, la prima traccia, dal sound fortemente moderno, si avvale di ritmi ipnotici che solo in poche occasioni si fanno più forti per imporre la propria musicalità, sempre in maniera appena percettibile. Dà l’impressione, nel suo climax inizialmente crescente, di qualcosa di imminente, come una tempesta annunciata, portata proprio dalle “new clouds” che danno il nome all’album. Ricreare il legame con la musica intesa nel senso classico, è compito di Major Spillage, che sorprende con l’arpeggio iniziale (che si ripresenterà flebile in Monday Boogies Forward Forever) a cui si aggiunge una chitarra timida che riecheggia melodie rinascimentali; il seguente “scalpiccìo di piedi” interviene poi per ricordare che ci si trova dinanzi ad un lavoro sperimentale che mira alla scomposizione in fattori primi dei suoni, a rimescolarli in diversi modi per ottenere risultati sempre differenti, a volte anche senza senso. Le arpe, col tempo, passano in secondo piano per lasciare spazio a suoni più artificiali, un po’ come succede nella storia, in cui l’antico lascia spazio al moderno; talvolta per il bene collettivo, talvolta no. La componente etnica, in un lavoro musicale di questo tipo, non poteva mancare; All The Boogies In The World che si fa avanti piano piano, in perfetto stile Forkner, per introdurre sonorità che parlano di storie esotiche e di luoghi lontani.
Grazie all’eterogeneità delle componenti, questo “esercizio di stile” (la cui strumentalità ricorda il Brian Eno di Music For Airports) ha in parte centrato il bersaglio, affascinando e trascinando in una quarta dimensione chi ascolta; ma, come diceva qualcuno, nel mezzo c’ è la virtù, e, in questo caso, smorzare i tempi avrebbe migliorato il risultato del complesso.
Simpaticamente, questo quartetto di pezzi lo si può definire un modo naturale ( e prolisso) per vedere gli “elefanti rosa” di cui tanto si parla in Dumbo o per raggiungere il nirvana.
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