Un evento di particolare rilievo per gli appassionati di free jazz. La Elemental Music immette sul mercato registrazioni inedite, trovate nel 2015, che permettono di fruire dei set integrali delle esibizioni tenute dal sassofonista Albert Ayler presso la Fondation Maeghte, a Saint-Paul de Vence, in Francia, il 25 e 27 luglio 1970, pochi mesi prima della tragica scomparsa dell’artista.
Parti delle performance erano già state pubblicate (i due volumi “Nuits De La Fondation Maeght” e “Live on the Riviera”). Tuttavia, il box di 4 cd ripristina la sequenza esatta delle esecuzioni, e offre due ore mai ascoltate su disco.
Un’uscita invitante per diverse ragioni: vengono catturate dal vivo per la prima volta composizioni in scaletta negli album incisi per la Impulse! Records; i concerti manifestano inoltre con chiarezza un capitolo nuovo della carriera di Ayler, caratterizzato da una profonda sintonia con Mary Parks, donna che avrebbe contribuito a mutamenti sostanziali nel suo percorso artistico. Ben più significativo, oltre a ciò, l’effetto prodotto sul pubblico: nel 1966, al Paris Jazz Festival la musica proposta dal sassofonista è oggetto di scherno, ma quattro anni dopo la risposta di chi assiste ai concerti è entusiastica.
Accompagnato dal contrabassista Steve Tintweiss, dal batterista Allen Blairman, da Mary Parks al sax soprano e alla voce, e dal pianista Call Cobbs (che suona solo il 27 luglio, perché ha perso l’aereo per la data precedente), Ayler si produce in uno spettacolo mozzafiato. Si alternano momenti declamatori e soffusi a vampate di musica vertiginosa e travolgente (“Music Is the Healing Force of the Universe”,“Masonic Inborn”, “Ghosts” , “Love Cry” ). Le improvvisazioni stordiscono (il rapimento estatico di “Revelations 2”, l’incendiaria “Spirits”), e ogni tanto la tempesta lascia il posto alla quiete (il quasi folk di “Island Harvest”, lo swing/spiritual di “Desert Blood”, la melodia di “Again Comes The Rising Of The Sun”). Il lirismo di “Truth Is Marching In” e “Zion Hill” avvince quanto l’ipnotica “Revelations 6”. “Speaking in Tongues” è glossolalia da sciamani. Lo strepito “Holy Holy” sopraffà l’ascoltatore, che trova sollievo nella successiva “Thank God for Women”.
Musica insostenibile e indifendibile, o sublime e che lascia a bocca aperta, a seconda dei gusti. Il libretto di un centinaio di pagine contiene interviste molto interessanti, ed è zeppo di foto. Le dichiarazioni di artisti del calibro di Sonny Rollins, Archie Shepp, John Zorn e Thurston Moore sono esplicative per comprendere appieno l’importanza di Albert Ayler e le innovazioni radicali da lui introdotte nella musica del Novecento.
Cofanetto dell’anno?
Articolo del
24/09/2022 -
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