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Ventinove anni fa il grande vecchio degli effetti speciali americani Ray Harryhausen, che aveva riempito di mostri artigianali tanti film fantastico-mitologici fin dai Cinquanta, terminava la sua carriera con Scontro di titani: ovvero la storia, ampiamente ritoccata, di uno dei più famosi eroi dell’antichità greca, Perseo, uccisore di Medusa e salvatore della principessa Andromeda.
Le innumerevoli creature in stop-motion di Harryhausen, contro cui doveva vedersela l’eroe di turno del film, avevano un nonsoché di inquietante e affascinante allo stesso tempo, forse per il loro modo di muoversi, frutto di una paziente costruzione fotogramma per fotogramma. Il fascino di queste creature (e di film come Il settimo viaggio di Sinbad o Gli Argonauti) ebbe (ed ha ancora oggi) un’influenza profonda sull’immaginario di molti. Famosa la dichiarazione di Tom Hanks durante una notte degli Oscar di qualche anno fa: “Per quelli della mia generazione il più grande film di tutti i tempi non è mai stato Quarto potere, ma Gli Argonauti di Ray Harryhausen!”
Oggi il giovane franceseLouis Leterrier si è trovato tra le mani una patata bollente: far rivivere la magia del grande cinema mitologico e di tutte le sue creature con l’impersonale computer graphic di oggi. Dispiace dire che ha fallito.
Sembrerebbe luogo comune banale e trito fare un confronto tra giocare con il caro vecchio Meccano e un’odierna consolle di videogiochi, ma è così: gli scorpioni giganti di Leterrier, o la pericolosa e ripugnante Medusa, o il gigantesco Kraken (un furto alla mitologia nordica!), con tutta la loro perfezione tecnica, non fanno minimamente sobbalzare sulla poltrona; e ad ogni modo i combattimenti, in teoria un punto forte di film del genere, sono montati a velocità forsennate, e l’occhio umano non riesce a coglierne quasi nulla, lasciando frustrato lo spettatore...
Se l’occhio dello spettatore piange, l’orecchio certo non ride: nel tentativo di volere infilare a tutti i costi un “messaggio” in una pellicola del genere, il film è stato abbondantemente condito di dialoghi pieni di gratuita prosopopea antireligiosa. E’ cosa buona e giusta smettere di adorare gli dei dell’Olimpo, capricciosi ed egoisti, e ribellarsi a loro: è una costante del film, nel tentativo di dare una patina di laica modernità ad un’antica Grecia da operetta. Alcune delle poche emozioni sollevate dal film risiedono nel casting: rivedere, diciassette anni dopo Schindler’s List, fronteggiarsi i grandi Liam Neeson (uno statuario Zeus, re degli dei) e Ralph Fiennes (lo spiritato Ade, dio degli inferi), seppure vestiti come i Cavalieri dello Zodiaco, potrebbe risvegliare qualche vero cinefilo appisolato. Il bel volto onesto dell’avatariano Sam Worthington assolve con diligenza i doveri dell’eroico Perseo (che come tutti gli eroi moderni deve essere riluttante), ma niente di più.
Con un approccio serio e filologico questo film avrebbe potuto essere un’opera maggiormente degna di nota, ma probabilmente non è così che ci si muove oggi a Hollywood sulle pellicole di genere: peccato, perché con un titolo così altisonante, la delusione è “titanica”.
VOTO: 1,5/5
Articolo del
27/04/2010 -
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