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Sgombriamo subito il campo da probabili ed imbarazzanti equivoci: l’ultimo film di Sabina Guzzanti, che giunge a tre anni di distanza da ”Le ragioni dell’aragosta” e a cinque da ”Viva Zapatero” è un film a tesi. E sgombriamo anche il campo da inutili ipocrisie che vorrebbero chi scrive distante ed equilibrato dalle suddette tesi sostenute nel film per valutarne solo gli aspetti strettamente cinematografici: chi scrive le sottoscrive. In pieno. E quali sono le tesi sostenute dalla Guzzanti in questo documentario girato nell’arco di quasi un anno e con oltre 700 ore di riprese? Sono quelle che i mass media si sono ben guardati dal mostrare, in questo anno in cui, da quella stramaledetta notte del 6 aprile, hanno costantemente cercato di dare al resto del paese la sensazione di una piena efficienza degli interventi ed una sorta di miracolo nella gestione dell’emergenza in una città completamente distrutta.
Intanto, sostiene la Guzzanti, il terremoto dell’Aquila è capitato proprio in un momento in cui il nostro presidente del consiglio stava sperimentando un vertiginoso calo di popolarità. Quale più ghiotta occasione per ricostruire la sua tanto ostentata immagine di “uomo del fare”? Chi meglio di lui (e come da lui stesso più volte dichiarato) che proviene dal mondo dell’imprenditoria edilizia era più adatto per una veloce ed efficace ricostruzione di una nuova città? E chi meglio di lui poteva “dirigere” cosi bene tutti gli organi di informazione che in questo anno avrebbero dovuto non solo informare con equilibrio ed obiettività ma anche vigilare affinché ciò che veniva promesso venisse anche realizzato? Perché aumentare a dismisura il potere della protezione civile modificando addirittura una legge del 1992 per permettere la gestione, oltre che delle emergenze, anche dei grandi eventi? Perché dare alle tendopoli una sorta di organizzazione militare, dove il capo del campo decide chi entra e chi esce, quali giornalisti possono entrare per documentare e quali assolutamente no? Chi e perché ha stabilito che le norme del campo, attraverso una ordinanza scritta che però nessuno sa dove sia, prevedono l’assoluto divieto del consumo di caffè e coca-cola, oltre che di alcolici? E soprattutto perché in quella stramaledetta notte del 6 aprile 2009, mentre 70.000 mila persone toccavano con mano la morte e la disperazione, qualcuno rideva?
Per dare una risposta a questi inquietanti interrogativi la Guzzanti, in stile Michael Moore, indaga mettendo direttamente la macchina da presa nel vivo del dramma. In quelle tendopoli dove lo stato di emergenza annulla le libertà personali dei cittadini ed autorizza le forze dell’ordine ad agire sempre in deroga alle norme della nostra democrazia; in quelle nuove case costruite a tempo di record con costi altissimi ed inutili (tre volte antisismiche quando, a detta degli esperti, non era necessario se non per farne lievitare i costi). Indaga su quella parola aggiunta nella legge del 1992 che permette alla protezione civile di gestire anche i grandi eventi, e scopre che in questa voce si possono far rientrare non solo le trasferte del papa nelle città italiane (che ovviamente dovrebbero essere sostenute dal Vaticano e non dallo stato italiano) ma anche festeggiamenti di santi e patroni vari. Scopre che nei grandi eventi rientrano il G8 (che in quanto programmato da tempo non avrebbe davvero nulla dell’emergenza) e i mondiali di nuoto. Ci mostra il centro di una città fantasma, rimasta cumulo di macerie esattamente come un anno fa; e ci mostra come anche quell’immenso patrimonio artistico sia completamente abbandonato senza che sia partita alcuna opera di ristrutturazione e di restauro, pur così necessarie per dare un vero segnale di rinascita della città.
Il nostro Presidente del Consiglio sostiene che in Italia c’è troppa libertà di stampa. Eppure le immagini, le interviste, le domande poste e le risposte, spesso anche molto discordanti, date da quei cittadini che quel dramma lo hanno vissuto in prima persona, difficilmente ci sarebbero arrivate attraverso i canali di informazione tradizionali. Difficilmente avremmo potuto vedere come viene impedito ai cameramen di filmare dentro le tendopoli o nella zona del centro; difficilmente avremmo potuto assistere a come venga impedito ai giornalisti considerati scomodi di assistere alle conferenze stampa; difficilmente avremmo avuto la possibilità di ascoltare da esperti sismologi quanto poco sia stato fatto in fase di prevenzione in una situazione in cui da ormai quattro mesi la sciame sismico che ha preceduto il terremoto aveva già fornito tutti gli elementi di allarme; difficilmente avremmo conosciuto nel dettaglio l’elenco della spesa (della nostra spesa) per l’organizzazione del G8 spostato dalla Maddalena all’Aquila (migliaia di euro per i posacenere o le penne griffate????). In questa indagine sta il merito del film (che in questi giorni sarà proiettato a Cannes fuori concorso): e se Bertolaso lo ha condannato senza appello perché da una brutta immagine dell’Italia all’estero, andrebbe ricordato al nostro supercapo della protezione civile che è non in torto chi denuncia il malcostume e la corruzione. In torto sono i corrotti. E a proposito del suo film la Guzzanti ha dichiarato: «Noi siamo per la conoscenza e non per il condono dell’intelligenza». Anche noi!
VOTO: 3,5/5
Articolo del
14/05/2010 -
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