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Claudio ed Elena sono una coppia di giovani trentenni che hanno tanti sogni e scarse possibilità di realizzarli. Lui lavora come operaio, ovviamente in nero, in uno dei tanti cantieri della periferia romana, lei aspetta il terzo figlio che chiameranno Vasco in onore al loro cantante preferito. Il loro amore è vero, sincero, ma viene drammaticamente interrotto dal destino, che dà vita al piccolo Vasco ma la toglie ad Elena durante il parto. Claudio è impreparato a vivere quel dolore, e pensa che per compensare ogni scompenso affettivo dei suoi 3 figli sia necessario riempirli di tutte le cose materiali che essi possano desiderare. Essendo venuto a conoscenza di una “morte bianca” nel suo cantiere decide di ricattare, per il suo silenzio, il capocantiere facendosi affidare in subappalto la costruzione di una palazzina. Ma è un affare troppo grande per lui...
A 4 anni dal precedente Mio fratello è figlio unico Luchetti torna dietro alla macchina da presa, e lo fa con uno sguardo ancor più realista del precedente lavoro. Stavolta, attraverso gli occhi di un perfetto Elio Germano (non a caso fresco vincitore a Cannes come migliore attore protagonista) fotografa tutta la bruttezza paesaggistica e morale del nostro tempo. Scava dentro quegli scheletri di cemento delle nostre periferie urbane, che danno poi vita (e morte, spesso nascosta) a quei vergognosi centri commerciali, divenuti da tempo i luoghi di una nuova aggregazione che non può non accelerare un processo consumistico che già, oltre 30 anni fa, il sommo Pasolini aveva indicato come un fenomeno che avrebbe uniformato i “desideri” delle classi sociali, ma non le classi sociali. Fotografa quel mondo edilizio dove le varie razze, comunitarie ed extra, offrono la loro disperazione in cambio di pochi euro e nessuna tutela, oltrechè nessun diritto. Evidenzia il degrado culturale ed il ribaltamento dei valori che il nostro tempo sta velocemente consolidando, poiché non contrastato da nessuna legge, ne formazione politica, ne classe dirigente (“lavoriamo tutti in nero, siamo gente perbene, noi” dirà il capo degli operai arrivati da Frosinone per consegnare in tempo l’appalto di Claudio). Indaga sulla dignità umana, anche e soprattutto in quei personaggi come Claudio o come Andri (figlio del guardiano rumeno morto nel cantiere) che sono spesso sull’orlo dell’abisso ma che sono pronti a rialzarsi perchè da sempre abituati a lottare. Propone la famiglia come elemento fondamentale della nostra società, perché in fondo, nel reale momento del bisogno, non esiste alternativa a chi ci vuole davvero bene perché legato a noi da quel vincolo parentale a cui spesso non diamo importanza.
Luchetti, dunque, riflette a voce alta sul nostro tempo. Le tematiche affrontate sono complesse e talvolta si rischia di cadere nei luoghi comuni. Ma il rischio è calcolato, e il regista riesce a tenere insieme nel film la drammaticità dei personaggi e del microcosmo rappresentato con elementi di commedia che ne rendono piacevole la visione. In questo di certo aiutato dai bravi attori, tra i quali, oltre a già citato Elio Germano, và ricordato un Raul Bova efficace nei panni di un fratello timido ed impacciato, e un Luca Zingaretti spacciatore sulla sedia a rotelle.
VOTO: 3,5/5
Articolo del
28/05/2010 -
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