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Gregoire è un produttore di film indipendenti, ama il cinema più della sua vita e crede in film di autore che tutti si rifiutano di finanziare. Vive nel cuore di Parigi ma nel weekend si trasferisce nella sua bella casa di campagna a due ore dalla capitale con la sua adorata famiglia, moglie e tre figlie, per le quali risulta inevitabilmente distratto, sempre impegnato come è al telefono per i suoi mille impegni di lavoro. Vita frenetica e stressante, perchè Gregoire in realtà si sta sforzando, davanti ai suoi cari, di nascondere gli enormi problemi finanziari che hanno reso la casa di produzione una azienda ormai prossima al fallimento; le banche non sono più disposte a concedere fido ed anzi ipotecano e pignorano tutti i beni della società, compresi i prossimi futuri incassi di film non ancora terminati; l'accesso al credito dell'ente cinema francese è inibito per i pregressi debiti, gli investimenti fatti per film d'autore, costosi ma non commerciali, si rivelano costi alti che non hanno ritorno nei ricavi. Dunque la Moon Film affonda velocemente, nonostante la sua storia e nonostante i disperati tentativi di Gregoire di salvarla dalla liquidazione. Non c'è via di scampo, e a nulla vale il grande ed incondizionato amore che Gregoire riceve dalla sua famiglia: piuttosto che vedere la sua casa di produzione finire nelle mani delle banche ed il suo catalogo svenduto, preferisce morire, e lo fa suicidandosi con un colpo di pistola alla testa. Da questo momento in poi sarà Silvia, la moglie di Gregoire, a cercare di salvare la baracca soprattutto per dare dignità alla morte del marito. Ma si sa, banche e mercato sono ciò che di più disumano ha inventato l'uomo, e sebbene circondata dalla stima e dall'affetto delle persone che la circondano, e nonostante l'ambiente della Moon Film voglia rendere onore alla morte di Gregoire, il destino della casa cinematografica è inevitabilmente segnato.
Storia vera, accaduta in Francia nel 2005: protagonista il cinquantenne regista di cinema indipendente francese Humbert Balsan, che iniziò la sua carriera collaborando con Bresson per poi produrre film di qualità con registi come Ivory, Suleiman, Claire Denis. La giovane regista Mia Hansen-Love, raccontando questa drammatica vicenda umana di quel produttore che aveva conosciuto personalmente, ha modo di rappresentare tutte le difficoltà a cui va incontro il cinema d’autore, non commerciale ma di qualità, ed il discorso potrebbe essere allargato a qualsiasi altra forma d'arte. Attraverso questa storia toccante, che mostra come ancora si possa provare una passione fortissima per una forma artistica quale il cinema, la regista sembra lanciare un grido di allarme affinchè si possa uscire da una semplice e cinica logica di mercato che rischia di lasciar morire il talento di giovani registi o scrittori perchè le case di produzione sono sempre più disposte a finanziare solo quei film di grido che garantiscono ritorni economici certi e rischi pari a zero. E sicuramente lo fa con una narrazione efficace perchè estremamente realista; sia nella prima parte, seguendo il superimpegnato Gregoire, sia nella seconda parte, quando protagonista diventa la moglie Silvia con le tre figlie, la macchina da presa riesce a rimandare con immediatezza allo spettatore l'angoscia del “prima” come fatto quotidiano e con l'inevitabile dramma che è in attesa dietro l'angolo, e il dolore del dopo, con la famiglia che reagisce al lutto con dignità e fermezza e che cerca attraverso il tentativo di salvataggio della Moon Film di mantenere in vita Gregoire. Ma «papà comunque vivrà per sempre nei suoi film», dice ad un certo punto Silvia alle sue figlie.
E questo dovrebbe essere poi il messaggio principe che da ogni forma di arte dovrebbe rimanere nei posteri: si può far fallire una casa di produzione, perchè soggetta alle dure leggi del mercato. Ma non si può cancellare il ricordo di un uomo che ha dedicato la sua vita nel tentativo di realizzare opere di valore, che ha creduto in progetti che sono serviti a diffondere la cultura, che ha valorizzato i giovani talenti con cui veniva in contatto. Sappiamo che questo è sempre più difficile, ma sappiamo che il cinema è la fabbrica dei sogni per antonomasia. E quindi almeno questo lasciatecelo sognare.
VOTO: 3/5
Articolo del
06/08/2010 -
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