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Appena passato fuori concorso al festival di Venezia e fresco vincitore del premio Controcampo italiano con tanto di menzione speciale all’attore protagonista Vinicio Marchioni, il film racconta una storia vera. Il giovane attore/regista precario Aureliano è un antimilitarista convinto e sta preparandosi per effettuare le riprese per una manifestazione contro la guerra che si dovrà svolgere a Roma. Siamo a novembre del 2003: in Iraq si combatte, come ancora oggi, ed i nostri militari sono impegnati, come ancora oggi, nella famosa missione di pace che molti non comprendono e non giustificano. Aureliano riceve la proposta da Stefano Rolla, un regista suo amico, di partire per l’Iraq come aiuto regista per realizzare, al seguito della missione italiana di stanza a Nassyria, un film che arrivi al cuore della gente e racconti realmente cosa stia succedendo laggiù. Aureliano accetta con l’inevitabile timore ma anche con il giusto entusiasmo. Purtroppo, appena arrivato in Iraq, si troverà subito coinvolto in quell’attentato alla caserma dei carabinieri a Nassyria che ha rappresentato il più alto tributo di sangue pagato finora dalle nostre forze di pace: 19 militari italiani persero la vita insieme a 9 civili iracheni. Aureliano miracolosamente si salva, e riportato in Italia avrà modo di vivere un eroismo non voluto di fronte alla pubblica opinione e le grandi ipocrisie che si celano dietro una guerra necessariamente sporca.
Fatto vero, dunque, e molto ben raccontato: la stupenda interpretazione di Vinicio Marchioni dà il giusto spessore al personaggio ed incarna alla perfezione tutti i dubbi che una intera generazione si porta dentro circa l’inutilità di quella guerra, ammesso che vi siano guerre utili. Riesce a guidare lo spettatore nella complessa vicenda narrata, che pur ovviamente drammatica, ha toni a volte ironici senza che questo tolga nulla all’angoscia che la storia inevitabilmente trasmette. Pertanto, non avendolo (personalmente) finora visto recitare altrove, possiamo dirci felici che il cinema italiano abbia scovato finalmente un attore di talento che ci auguriamo possa regalarci altre interpretazioni di livello. Va poi sottolineata l’efficacia della regia, affidata ad Aureliano Amadei, che sceglie facce giuste per tutti quei soldati italiani che cercano di dare una giustificazione morale ed umana alla loro partecipazione alla missione: «non si può fare una scelta del genere solo per i soldi», dice uno di loro. Ma allora perché si fa, sembra chiedersi chi questa vicenda l’ha vissuta e ce l’ha raccontata…
Il film sembrerebbe costruito con l’intento di tenersi lontano dall’esprimere ogni giudizio politico su una vicenda che rimane una ferita aperta nella nostra storia recente; in realtà dietro le righe, e dietro la splendida recitazione del protagonista già evidenziata, emergono interrogativi a cui nessuno può sottrarsi dal dare un giudizio. Così, di fronte alla scena molto ben ricostruita dell’attentato, di fronte alle grida, al sangue, al dolore, alla disperazione, di fronte a quella paura che si prova quando si è sotto attacco anche quando si è militari addestrati, anche quando si è armati, di fronte a tutto ciò è indubbio che non possiamo non porci la questione che scene come quella i civili iracheni le vivono tutti i giorni… Di fronte agli attacchi di panico che perseguiteranno Aureliano (anni dopo l’attentato con suo figlio piccolo in braccio rivedrà con orrore il bambino iracheno morto e messo accanto a lui su un camioncino che lo portava verso l’ospedale) non possiamo non chiederci che persone saranno non soltanto i militari, ma tutti coloro che trovandosi nel mezzo di una guerra vedono quotidianamente corpi dilaniati da bombe e proiettili. O ancora, è giusto mettere sullo stesso piano, come fa Aureliano alla presentazione del suo libro scritto per raccontare l’attentato, il bambino iracheno morto perché giocava accanto alla caserma, come suo sacrosanto diritto, e il militare obiettivo dell’attentato? Interrogativi che ci coinvolgono tutti: ma può il cinema aiutarci a risolverli? Sì, questo cinema verità può. Perché, dato che la gente vuole la bistecca ma non vuole sapere come viene macellata la mucca, film come questo hanno il pregio immenso di svelarci, se non ogni fase della macellazione, almeno quei piccoli segreti che rendono più amaro il sapore della carne che mangiamo.
VOTO: 3,5
Articolo del
15/09/2010 -
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