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Un regista in crisi di idee non dirige un film da cinque anni. E’ ai ferri corti con il suo produttore, che gli offre l’ultima chance per dirigere una divetta televisiva in cerca della consacrazione sul grande schermo, ma deve trovare una idea che non ha. E come se non bastasse deve improvvisamente recarsi con urgenza nella sua casa in toscana, dove le infiltrazioni di acqua dovuta alla rottura dei tubi hanno arrecato un danno vistoso ad un affresco del ‘500 nella chiesa adiacente. Per riparare il sindaco e l’assessore del paese gli propongono una alternativa alla altrimenti inevitabile denuncia ai beni culturali, che avrebbe screditato la sua immagine pubblica di regista moralizzatore: dirigere la rappresentazione de La passione di Cristo in paese, che da qualche anno non veniva più fatta per defezioni varie.
Nonostante un curriculum di tutto rispetto per aver regalato al cinema italiano opere come Notte italiana e la bella trilogia dell’est costituita da Il toro, Un’altra vita e In viaggio con Vesna, in cui fu precursore attento di tematiche non ancora del tutto esplose come i flussi migratori dai paesi balcanici, questa volta Mazzacurati sembra assomigliare molto al personaggio che costruisce sulla figura del sempre bravo Silvio Orlando: quella di un regista a corto di idee e che ciò malgrado riesce a sfornare un film forse solo perché il mercato lo impone (come sottolinea più volte il produttore di Silvio Orlando nel film). Perché in questa sua ultima opera c’è davvero poco da salvare: il tentativo di dar vita ad una storia corale in cui una moderna Armata Brancaleone, fatta di personaggi che sembrano avere poca dignità ma tanta voglia di riscattarsi nella vita attraverso un loro momento di gloria, assomigliano troppo a macchiette cinematografiche che non arrivano mai ad avere lo spessore del personaggio. Cosi vediamo Corrado Guzzanti recitare “Quelo” piuttosto che Gesù, Marco Messeri e Stefania Sandrelli troppo marginali per incidere positivamente data la loro bravura, Silvio Orlando che ci mette la sua faccia e che salva un minimo quella del film, insieme al sempre più bravo Giuseppe Battiston. Ma, nonostante il suddetto materiale umano (materiale immenso nel panoramo del cinema italiano) a cui vanno aggiunte anche le ottime Cristiana Capotondi e Kasia Smutniak, siamo lontani dai film corali dei perdenti di Monicelli al quale questo film è stato accostato. La sceneggiatura è sconclusionata, il copione è debole come le battute, che non riecono mai ad incidere, ed di conseguenza il film fallisce nel tentativo di voler essere una commedia agrodolce, dato che non riesce a far ridere e non riesce a commuovere.
Decisamente rimandato, quindi. Ed allargando per un attimo lo sguardo a quello che è il cinema in questo momento e considerando che anche l’opera di Mazzacurati arriva sugli schermi dopo essere stata in concorso all’ultimo festival di Venezia da poco concluso, la riflessione che viene spontanea è che il livello dei film visti quest’anno in laguna sia stato veramente basso, a cominciare dal vincitore (Somewhere della Coppola). Attendiamo quindi con ansia quei film che al festival sono passati invece fuori concorso e che ci aspettiamo siano migliori di quelli visti finora.
E’ vero: l’Italia è, come dice un personaggio de La Passione, il paese più ingrato del mondo: «perché Colombo per scoprire l’America dovette andare in Spagna, perché Garibaldi lo mandarono in esilio e perché Roberto Baggio lo fecero giocare due anni al Brescia». Ma nonostante la stima che continueremo a provare per un regista bravo come Mazzacurati, stavolta non ci sentiamo in colpa se non gli siamo grati per la sua ultima opera cinematografica.
VOTO: 2/5
Articolo del
27/09/2010 -
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