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Meno male che c’è stata la Guerra Fredda. Meno male, perché altrimenti il novanta per cento delle storie spionistiche su grande schermo non avrebbe modo di esistere. Quando si tratta di cinema di spionaggio, da Bond in poi, il fronte Stati Uniti/Unione Sovietica è sempre sembrato, agli spettatori come agli sceneggiatori, l’unico degno sfondo sul quale tessere intricate trame di microfilm contrabbandati e agenti dormienti…
Evelyn Salt, agente CIA dal servizio esemplare e patriottismo indiscusso, nonché felicemente sposata con un aracnologo tedesco (!), vede crollare il mondo attorno a sé quando viene accusata di essere una spia russa sotto prolungata e formidabile copertura. Per di più tutti i dati sembrano confermare un imminente attentato alla vita del presidente russo in visita in America…
Ad una decina d’anni da Il collezionista di ossa, Angelina Jolie torna a lavorare con l’australiano Phillip Noyce, in un nuovo thriller: allora era la timida “spalla” del detective paraplegico Denzel Washington, oggi è lei la star assoluta, spia fuggitiva ingiustamente (?) braccata. Tanto starpower da accettare un film come questo che, ormai è noto, era stato pensato per Tom Cruise; ma è tempo di un Bond femmina, (Angelina dixit), come se non avesse girato abbastanza ruoli muscolari.
Ora, in un mondo dove Alias, Jason Bourne, e 24 hanno riformulato l’essenza dello spionaggio, presentandolo con forme innovative e contenuti attualizzati e riorientati, Salt sembra un avanzo di frigorifero servito con posate belle nuove e lucide. Angelina è una posata sempre visivamente invitante (nonostante qui non esibisca più di tanto la sua sensuale vistosità), ma il cibo è insipido. I colpi di scena non fanno battere ciglio, la sospensione dell’incredulità non funziona: prodigiose irruzioni in solitaria nel bunker della Casa Bianca non aiutano. Se siamo ancora disposti a credere ad un arcicattivo bondiano con il fumettistico obiettivo di conquistare il mondo, non crediamo più però ad uno stantio e becero piano per mettere l’America in ginocchio basato su agenti sovietici dormienti…
Ad un arcaismo del contenuto corrisponde una certa classicità nella forma: a parte poche acrobazie matrixiane (salti tra tetti di camion in corsa sull’autostrada), le coreografie degli scontri sono essenziali, quasi al minimo sindacale, in un mondo visivo dove si cerca sempre la soluzione più spettacolare. E quando assistiamo a questi scontri e ci chiediamo come faccia Angelina a prevalere a mani nude su uomini grossi il doppio di lei, e ci auto-rispondiamo: “Ovvio, perché lei è Angelina!”, è il sintomo che qualcosa nel meccanismo cinematografico schermo/realtà si è rotto… VOTO: 2/5
Articolo del
11/11/2010 -
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