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Quando la tensione monta sin dalle prime inquadrature. Quando la colonna sonora incalza anche se ancora non conosciamo né i personaggi né la storia. Quando la località in cui si svolge l'azione appare in sovraimpressione attraverso l'inconfondibile ticchettare della macchina da scrivere. Non avete capito? Ultimo indizio, il protagonista è Denzel Washington. Non troverete la soluzione nel prossimo numero, anche perché il prospetto qui in alto non lascia margine al divertimento. Siamo di fronte all'ultima fatica di Tony Scott, il mestierante, il “minore”, l'esagitato, il tamarro tra i fratelli Scott. D'altronde con un titolo così il mistero circa la paternità del film si dissipa rapidamente, in barba alla scheda informativa di cui sopra. Non ci si allontana molto, a onor di cronaca, dall'opera precedente del regista, Pelham 1 2 3, il pericolo in questo caso, anziché annidarsi tra i tunnel metropolitana, risale lungo i binari ferroviari. Denzel Washington non impersona più Walter Garber, niente piani diabolici da sventare e criminali da assicurare alla giustizia quindi, stavolta il nemico è l'errore umano. E un treno mastodontico lanciato a velocità inenarrabile, con il trascurabile dettaglio della mancanza di un conducente in carne e ossa all'interno della cabina. Analogamente a Pelham 1 2 3 – molti titoli del Nostro potrebbero funzionare da paragone del resto– ci sono in gioco molte vite umane.
Bastano due righe due a riassumere il soggetto, e buona parte della sceneggiatura. Una struttura semplice, dove si ritaglia a fatica lo spazio per l'approfondimento dei personaggi nei pochi interstizi di quiete che il film concede. In effetti le vicende personali del veterano Frank Barnes e del novellino Will Colson – interpretato da Chris Pine, rappresentano il classico aggancio empatico per lo spettatore cui il cinema d'azione americano ci ha abituato. Gradevole variazione sul tema, l'ambientazione operaia che pone in risalto il disagio del lavoratore e lo spauracchio del prepensionamento coatto. Il dissesto economico tocca anche il cinema adrenalinico di Tony Scott. E se in Pelham 1 2 3 le aporie malate del libero mercato forgiavano il carattere del villain interpretato da John Travolta e ne determinavano l'agire, in Unstoppable si dà voce alla massa silenziosa della manovalanza, vessata dalla crisi e da scelte dirigenziali miopi.
Dopodiché l'azione non lascia scampo. Certo, la pellicola non regala nulla di nuovo, l'insieme ricalca con maestria un canovaccio che qualsiasi masticatore di action movie ben conosce. Tuttavia non sono pochi i momenti in cui si stringono i braccioli alla poltroncina. Abbandonata l'estetica iperbolica che ha contraddistinto alcuni capitoli del suo iter filmografico – basti citare Man on Fire, Tony Scott sembra aver trovato una cifra stilistica stabile, riconoscibile . La qualità fotografica si giova di una grammatica di montaggio consolidata, capace di trasmettere frenesia e tensione, senza rinunciare alla chiarezza, alla comprensibilità della sequenza in sé. Quando la scommessa poi di conferire spessore a un convoglio ferroviario – un mostro che incute terrore ogni qual volta si staglia in lontananza – viene vinta, allora il film mediocre acquista rilevanza, rendendo giustizia alla perizia spesa dall'artigiano. La bottega Tony Scott, insomma, gode di ottima salute.
VOTO: 2,5/5
Articolo del
24/11/2010 -
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