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Boris, una serie già culto (purtroppo solo in Italia, per ovvi motivi) durata tre stagioni che hanno fatto gridare al miracolo allo spettatore addetto ai lavori e a quello solo amatore, spaccato di un'Italia contemporanea (non solo televisivo-cinematografica) stigmatizzata dagli avvenimenti ruotanti attorno ad una troupe sgangherata. Dopo l'esperienza televisiva ecco il grande salto: Boris - Il Film. La stessa troupe capeggiata dal fantastico Renè Ferretti (Francesco Pannofino) ora si butta nel cinema, per realizzare un film tratto dal best seller La casta. Rimettiamoci Biascica come capo elettricista, Arianna aiuto regista e Alessandro solito tuttofare. Duccio, Lorenzo, Itala e tutti gli altri. E soprattutto Stanis La Rochelle, sul podio dei migliori personaggi sorti dalla penna degli autori, stavolta nei panni del giovane Ratzinger prima e di Gianfranco Fini poi. Detta così si respira aria di capolavoro.
La genialità degli autori Giacomo Ciarrapico, Mattia Torre e Luca Vendruscolo (ora anche registi del film) ha potuto esprimersi al meglio sul piccolo schermo della televisione privata, mentre su grande schermo pare invece che quella verve cinica che ci ha mostrato in passato un bel campionario di ipocrisie legate al mondo dello spettacolo si sia un po' ovattata. Se la sit-com (etichetta svilente) scoccava frecce avvelenate sul mondo della televisione, pare logico pensare che il film spari a zero sul cinema italiano, sulle case di produzione, sui registi e sugli attori. La scelta però di prendere come bersaglio principale i cinepanettoni appare scontata e con poco mordente, uno sparo sulla croce rossa. Purtroppo è impossibile considerare questo film come un'entità autonoma e valutarlo in sè. E' necessario il confronto con la serie televisiva della quale è obbligata continuazione, seconda e ultima tappa del processo evolutivo partito da piccolo schermo e finito in sala. Ci si aspetta quindi una maggiore consapevolezza del proprio potenziale che invece non viene sfruttato a dovere, e il sentore è che Boris - Il film abbia poco mordente perchè l'ambito nel quale va ad inserirsi (il cinema, appunto) sia ancora esso stesso una casta poco scalfibile della quale non sia permesso parlar troppo male. Tranne per i cinepanettoni, di quelli parlano male (quasi) tutti ed ormai è un tratto distintivo del genere stesso. Il piccolo schermo poi offriva una struttura più adatta allo scopo del prodotto: la durata contenuta degli episodi andava a vantaggio del ritmo serrato e dei dialoghi, zero tempi morti e poco spazio per rifiatare, ma tante puntate che toccassero grossomodo tutti i campi di cui ci fosse qualcosa da dire. Il passaggio a grande schermo implica una dilatazione temporale dovuta alla durata della pellicola (un'ora e tre quarti) nella quale tutto viene diluito e perde di efficacia: la potenza di un singolo episodio televisivo era ben altra cosa rispetto al film.
C'è anche da dire che forse eravamo abituati troppo bene e ci saremmo aspettati la stoccata finale, il capolavoro definitivo a coronamento di un progetto geniale che come nessun altro ha spogliato recentemente questo nostro Paese allo sbando. Boris - Il film resta comunque un prodotto sopra la media del cinema nostrano, coraggioso anche se non abbastanza, divertente e intelligentemente ammiccante, che non sta riscuotendo il successo sperato ma merita comunque di esser visto. Peccato che l'esser necessariamente legato alla serie tv l'abbia praticamente escluso dal pubblico occasionale.
VOTO: 2,5/5
Articolo del
07/04/2011 -
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