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Con questo film inauguriamo una nuova sotto-categoria nella sezione Cinema di Extra!. D'ora in poi terremo conto anche di quelle pellicole, meritevoli, che sono passate in pochissime sale della nostra penisola e che i nostri recensori non sono riusciti a scovare in tempo. Ma per fortuna esistono dvd e bluray, che ci permettono di riscoprire pellicole passate in sordina che però non vanno dimenticate. I LOST & FOUND, appunto. Buona lettura!
"Mi ferisce che si dica che credo di essere imbattibile a causa della mia fede in Dio. Ciò che voglio dire è che Dio mi dà la forza e inoltre che la vita è un dono che Dio ci ha dato e noi siamo obbligati a mantenerlo con cura". (Ayrton Senna)
Ayrton Senna Da Silva. Solo Senna per i più, solo Ayrton per chi lo considerava uno fratello, un figlio, un amico. Nel panorama documentaristico relativo alle vite di personaggi storici, politici, sportivi pareva assurdo mancasse la testimonianza filmica sul pilota più romantico che le piste abbiano mai visto. Il britannico di origini pakistane Asif Kapadia tappa questa falla enorme, proponendoci un documento unico, un capolavoro senza mezzi termini, il racconto di una vita sportiva e non solo, tralasciando ogni velleità agiografica per servirci il ritratto puro di un eroe. Dagli inizi sui kart, alla prima esperienza in Formula 1 con la mediocre Toleman, trampolino di lancio che lo catapultò sulla ben più blasonata Lotus prima e sulla McLaren poi. I trionfi, le gioie, i sorpassi, la rivalità con Alain Prost e le ingiustizie perpetrate da una federazione filo-francese che comunque non riuscì a tappare le ali al nuovo dio delle quattro ruote, che correva sull'asciutto e volava sul bagnato. Uno che la conosceva bene l'arte di correre sotto la pioggia. Poi la storia la conosciamo tutti. Questo film è rivolto a tutti quelli che il primo maggio 1994, quando Kurt Cobain era scomparso solo da un mese e si iniziava ad accarezzare il sogno di conquistare calcisticamente l'America in quei mondiali poi maledetti, si ricordano perfettamente dov'erano quando appresero la notizia della tragedia. Approdato alla Williams per tornare a vincere sul sedile lasciato libero dallo storico rivale Prost, Ayrton perde la vita in un tremendo schianto alla curva del Tamburello a Imola durante la domenica di gara. Il giorno successivo alla morte in qualifica di Roland Ratzenberg, cosa che spinse invano il pilota brasiliano al tentativo di far annullare la corsa del giorno seguente. Come tutte le morti di icone di ogni campo, si cerca sempre di trovare nei momenti precedenti un segnale che avesse anticipato l'evento funesto, qualche prova che il destino avrebbe virato verso la direzione più buia dalla quale non se ne esce più. Il film di Kapadia non solca alcuna strada in particolare, il regista non scrive una tragedia avente protagonista il pilota, non calca la mano sul pathos, non si sofferma ad analizzare tecnicisticamente le doti del brasiliano, non disegna l'immagine di un Prost antagonista patrocinato dalla federazione ai danni dell'astro nascente della McLaren. Kapadia mostra immagini pure, senza dare alcun taglio alla pellicola se non quello del documento-verità. Lo spettatore assiste alla visione di stralci di Gran Premi, conferenze, filmini familiari, interviste, programmi tv. Un insieme di prove tangibili di quanto fosse grande Ayrton, prima come uomo che come pilota. Guardatevi bene anche i titoli di coda, per vedere cosa rischiò pur di soccorrere un pilota dopo un incidente durante le prove del Gran Premio del Belgio nel '92. La colonna sonora delicata ma trascinante allo stesso tempo accarezza i momenti più delicati del film, il momento del funerale - grazie ad un montaggio perfetto - tocca il cuore dell'appassionato, lo scuote, gli fa scendere lacrime. La sapienza nello scegliere le immagini da mostrare è chirurgicamente messa in atto in ogni frame, il volto di Ayrton è protagonista di moltissimi primi piani, il suo sguardo malinconico sembra far trasparire un'impossibile rassegnata consapevolezza di essere un tragico predestinato. In tutto il film si respira quest'aria, anche perchè lo spettatore è onniscente rispetto al protagonista della pellicola, vorrebbe bussargli allo schermo e dirgli di non correre quella fatale domenica. E invece. Il brasiliano riesce a portare sulle proprie spalle fin dai primi successi la consapevolezza di essere un simbolo, una speranza, un orgoglio. Lui era (ed è) il vanto del Brasile, Paese preso in un momento di crisi politica e sociale che tramite quel grazioso ragazzino molto timido e riservato intravedeva un barlume di speranza, di miglioramento, la fiducia nel futuro. Prima ancora di essere un campione su pista, Ayrton fu campione di vita. Segretamente donò costantemente in beneficienza parte dei ricavi dei suoi successi, si impegnò attivamente al miglioramento dell'istruzione dei bambini del suo Paese. Molto religioso, in pista scendeva come fosse mandato da Dio, per permettergli di sfruttare il suo successo sportivo a vantaggio di un paese che tutt'oggi rimane ancora alle prese con enormi problematiche di povertà sociale. Tanti sono i campioni dello sport, ma sono pochi quelli che trascendono il loro esser personaggio di successo per farsi portatori consapevoli di una missione di miglioramento. E per chi sa di non avere futuro, anche il solo poter avere la speranza di un giorno migliore convivendo le vittorie in pista di un connazionale, diventa tutto. E' questo che traspare dal capolavoro di Kapadia. Ayrton Senna, il più grande pilota di tutti i tempi.
VOTO: 5/5
Articolo del
15/04/2011 -
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