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Quando quarantanove anni fa lo scrittore-pilastro dei fumetti Marvel, Stan Lee, volle creare il personaggio del mitico Thor, il suo intento fu quello di fare qualcosa di diverso dal solito. Fino ad allora aveva creato i Fantastici Quattro, una disfunzionale famiglia-prototipo di freaks, la tragica mostruosità di Hulk e un noto teenager problematico che si arrampicava sui muri. Tutti eroi fallibili, sia fisicamente che soprattutto psichicamente. Mai visto nulla del genere nel mondo dei supereroi…
Thor fu invece quasi una retromarcia: Lee, volendo creare un equivalente della potenza di Superman (della concorrente DC) pensò niente di meno che ad “eroizzare” una divinità, il Dio del Tuono dei Norreni, dall’implacabile martello mistico. Non che non avesse dei superproblemi anche lui, ma era certo il “meno umano” degli eroi con il quale un lettore potesse rapportarsi.
La Marvel non poteva dimenticarsene, visto che intende filmare pressoché tutti i propri eroi di carta, con una tabella di marcia annuale e implacabile. E bisogna elogiare l’accortezza con cui sa scegliere i cineasti da coinvolgere nei progetti. Thor è firmato dal noto attore/regista shakespeariano Kenneth Branagh: sì, non avete capito male… Chi conosce Branagh (molti) e non conosce Thor (molti di più) ancora si sta chiedendo cosa c’entri Shakespeare col fumetto.
Il sottoscritto, appassionato di Branagh, del Bardo e di supereroi, aveva umilmente fatto (nelle sue fantasie mentali) il nome del regista del possibile film di Thor già da vent’anni: il Dio del Tuono del fumetto parla in un inglese aulico, ed è coinvolto in grandi trame tragiche, bibliche e cruente dove tutto è larger than life. Branagh non poteva perdere l’occasione.
La vicenda del giovane dio arrogante e impulsivo, esiliato dal Padre degli Dei (Odino) dalle guglie ultraterrene di Asgard alla Terra (dal dorato palcoscenico fantasy alla piatta realtà del West), per imparare la modestia e per proteggere i deboli mortali, sembra scritta per lui. Risultato: un cast ricco di attori provenienti da tutti i background (soap opera, teatro, tv, cinema), che sotto la mano esperta di mastro Kenneth fanno quasi tutti faville; costumi ed ambientazioni sontuose, gioia delle pupille; dialoghi curati, tra momenti tragici e frizzanti (ma anche i silenzi e gli sguardi contano, eccome). E se forse il regista rivela una minore sapienza nel montaggio (soprattutto nell’alternare le scene tra l’empirea Asgard e il polveroso New Mexico) e nel controllo degli effetti visivi (a volte sembrano sfuggire di mano ed avere vita propria), com’era quasi lecito aspettarsi, tutti gli altri elementi positivi lo assolvono senza problemi.
Il film piacerà ai fan di Branagh meno bacchettoni, e piacerà comunque ai lettori Marvel (nonostante le solite inevitabili libertà) per i numerosi riferimenti agli altri cine-fumettoni, sia passati (Iron Man) che futuri (l’atteso supergruppo The Avengers), e per quella maniera di trattare i supereroi al contempo seria e irriverente tipica della Marvel.
VOTO: 4/5
Articolo del
04/05/2011 -
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